“Youssif era solo bambino, neanche 20 anni. Ieri cenavamo assieme e oggi morto”. A parlare in un italiano zoppicante è un ragazzo egiziano di 27 anni che passa sull'Appia, nota la telecamera, ne approfitta per qualche parola mesta.
“No bene, no bene: era un amico, si alzava prestissimo per andare a lavorare e ora è morto”.
Sono le vite al limite dell'Appia, dove il limite non è un concetto aleatorio, ma fisico, inteso proprio come il limite stradale.
Ragazzi che camminano a gruppetti lungo il percorso della vecchia statale, ospiti di strutture nei paraggi, africani perlopiù, che camminano a piedi per raggiungere i centri nelle vicinanze o qualche lavoretto (o lavoraccio più verosimilmente) in zona.
C'è il ragazzo bengalese che ogni sera porta le sue rose: viene in bici, la lascia ai margini di Montesarchio e poi via a tentare di vendere i fiori nei locali del centro caudino.
Poi tanti ragazzi africani, qualche maghrebino, sia nella parte dell'Appia che va da Arpaia a Montesarchio, sia in quella che dal centro caudino attraversa Apollosa e arriva a Benevento.
Quando cala il buio la pericolosità cresce sensibilmente: in tanti tornano dalle loro giornate a piedi e in bicicletta, le zone dell'Appia dotate di marciapiedi sono poche, il resto è costeggiare pericolosamente guard rail o cunette. Nei tratti poco illuminati, velocità e non velocità, ci si accorge solo pochi metri prima di queste sagome, in pochissimi usano giubbotti catarifrangenti o “lucette” per segnalare la propria presenza...e la tragedia è sempre dietro l'angolo.
Tragedie per questi ragazzi e per le loro vite vissute sui limiti, ma anche per tutti quelli che percorrono una strada che ormai porta medie di incidentalità altissime.
Poco illuminata, con migliaia di incroci e innesti per portare nei tanti paesi che la costeggiano, nelle frazioni, nelle aree industriali, nelle piccole stazioni, nelle campagne. Ormai percorsa da un numero di automobili e di mezzi pesanti triplo rispetto ai suoi limiti, vista la concomitante chiusura della ferrovia Valle Caudina, che almeno in parte sgravava con le (poche) corse a unire Benevento e Cancello e poi Napoli, un'arteria che comunque non va più bene.
L'Appia non può da sola, nel 2023, essere l'unico collegamento tra il Casertano e la Valle Caudina e tra la Valle Caudina e Benevento. L'Appia non può, vista la sua funzione di collegamento unico, e vista la sua caratteristica di strada che viene percorsa a piedi e in bicicletta, attraversata a piedi e in bicicletta, non essere dotata di sottopassi o sopralevate che ne consentano gli attraversamenti in sicurezza almeno come palliativo nell'attesa (si spera non illusoria) di collegamenti più efficienti (e nell'impossibilità di vietarne il transito pedonale o ciclopedonale).
L'Appia va ripensata, e subito...non basta l'idropompa a pulire il sangue di Youssif mentre una Bmw tenta un sorpasso azzardato...perché la prossima tragedia è dietro l'angolo, dietro il prossimo incrocio, lungo il maledetto cordolo di quella maledetta strada.
