Carmine "Charlie" Scalzi: da Zolli alla "collina di Dio" col Sannio nel cuore

"A 11 anni in Australia in treni che parevano carri bestiame: poi il mio essere sannita ha prevalso"

carmine charlie scalzi da zolli alla collina di dio col sannio nel cuore
Benevento.  

Ha una risata contagiosa Carmine Scalzi: forte, baritonale, di quelle sincere e genuine. E in effetti rispecchia l'uomo quella risata: allegro, forte, genuino. Un sannita di quelli che non s'arrende, mai, con la “capa tosta” che tutto quel che si fa si deve fare per bene.
L'accento caudino ormai si mescola amabilmente con quello australiano, d'altronde sono più di sessant'anni che Carmine è diventato Charlie: “Ma solo perché gli australiani tendono a semplificare i nomi che non sanno dire: allora dicono o Jack o Charlie, sono un po' pigri” e ride, riempiendo l'aria.


E' partito che aveva 11 anni Carmine, una delle tante storie di emigrazione: “La mia era una famiglia contadina, come tanti siamo andati in Australia per cercare lavoro: 30 giorni di nave, l'arrivo a Melbourne e poi ci spostammo con un treno che pareva un carro bestiame fino ad Adelaide. Eravamo ospitati da alcuni parenti, vivevamo in tanti in un appartamento: incredibile a pensarci oggi”.
E le prime difficoltà, con Carmine che mostra subito la sua tempra: “Mi misero in quarta elementare in Australia, una fesseria che per fortuna oggi non fanno più. Presi l'equivalente della prima media ma per lavorare tutti chiedevano la terza: cominciai come idraulico, ero bravo e quindi andava bene così, però per me non era abbastanza...”


No, non era abbastanza: “Diventai ingegnere meccanico: ero bravissimo pure in questo campo. La persona dove lavoravo, in un'officina, mi mandò via pochi giorni prima di sposarmi per prendere un altro che aveva più conoscenze...qualche anno dopo in un'asta l'ho battuto su alcune proprietà che gli interessavano. Comunque da allora ho fondato la mia officina nel 1972: prima in una vera e propria baracca dove non ci entrava neppure una macchina, metà restava fuori e avevo mio padre che per proteggermi dal sole cocente mi teneva l'ombrello mentre lavoravo”.


Da allora Carmine spicca il volo: “Ho creato un 'impresa importantissima e poi tante altre, ho aperto due ristoranti, agenzie di viaggio, fatto il broker per l'energia nelle Filippine, ho fatto politica a livello locale come consigliere comunale e mi sono impegnato tantissimo per il calcio con l'Adelaide Juventus e abbiamo vinto due scudetti. Ho conosciuto Del Piero che è venuto a giocare in Australia e tanti campioni come Tacconi, Zoff, Paolo Rossi. Insomma mi sono impegnato tantissimo per la comunità italiana in Australia, fino ad arrivare alla produzione di vino nella God's Hill”.


Già, la collina di Dio, con Carmine che spiega: “Ma io il vino l'ho sempre fatto eh! Anche quando stavo a Roccabascerana aiutavo mio nonno a farlo, e forse a lui devo tutto. Poi con mio padre lo facevamo anche in Australia per noi, per la famiglia insomma. Però quando arrivavano a comprare le mie uve per farlo altrove volevano sempre darmi troppo poco, e allora ho iniziato a farlo professionalmente. Vengono degli enologi che io chiamo farmacisti: non sanno la terra che cos'è e vogliono dirmi come devo fare, che miscele usare. Serve un buon terreno e buone uve, quali miscele? Il mio vino viene delizioso, quello degli altri spesso no, con la stessa uva: allora è colpa tua che non sai farlo gli dico io, o no? ”.
E in effetti dalla sua cantina escono veri e propri capolavori: “Il migliore è arrivato a costare 2300 dollari a bottiglia, mica male no?”.
Il segreto? “Il segreto è che sono sannita. Non è scontato sai? In cinquant'anni e oltre laggiù l'italianità si perde se non hai le radici salde. Il segreto sono le mie radici. Il segreto è che il nonno mi ha allenato il palato a riconoscere i sapori e fare le cose sempre meglio. Io dico sempre che sono un beneventano che lavora in Australia, ma la mia terra è questa, è Benevento: abbiamo una forza incredibile, a volte neppure lo sappiamo però”.