La Cassazione conferma la revoca del fallimento dell'Amts

Definito inammissibile il ricorso dei curatori fallimentari

Benevento.  

Confermata dalla Cassazione, che ha definito inammissibile il ricorso della curatela fallimentare, la decisione con la quale la Corte di appello, nell'agosto del 2016, aveva revocato il fallimento dell'Amts, dichiarato sette mesi prima dal Tribunale di Benevento, ed aveva rimesso gli atti al tribunale sannita per l'omologazione del concordato.

Nelle trentacinque pagine della sentenza di secondo grado, con la quale era stato accolto il reclamo dell'azienda e del Comune, i giudici avevano scritto: “Non è possibile ritenere, al 30-9-2015 (data di riferimento delle valutazioni del Tribunale di Benevento), con ragionevoli margini di certezza quanto non era prevedibile al 10-6-2015 (ammissione al concordato), ossia la assoluta irrealizzabilità del piano industriale e, dunque, l'impossibilità di conseguire, attraverso la prosecuzione dell'attività d'impresa, il risanamento della società debitrice e la tutela delle ragioni creditorie. Ciò anche perchè le perdite di gestione registrate nel biennio 2014-2015 di prosecuzione dell'attività dipendono in buona parte dai ritardi nella riscossione dei crediti relativi ai servizi resi, dall'impossibilità per Amts di far ricorso al credito bancario per reperire le risorse finanziarie necessarie, dal ritardo conseguentemente accumulato da Amts nel pagamento dei debiti (soprattutto contributivi e previdenziali) e dal correlato incremento dell'indebitamento per interessi, sanzioni e quant'altro, situazione certamente destinata a risolversi con l'omologazione del concordato, la messa a regime dell'attività d'impresa (con gli incentivi ed i correttivi specificamente individuati), l'acquisizione degli immobili messi a disposizione dal Comune e dai proventi conseguenti alla loro liquidazione”..

Ecco perchè, aveva spiegato la Corte, “è allora evidente che le considerazioni del Tribunale sul trend economico negativo dell'impresa investono chiaramente profili attinenti al merito del giudizio di fattibilità economica, il cui scrutinio, come più volte ribadito, è rimesso al ceto creditorio e ciò tanto più che la proposta prevede un meccanismo compensativo degli eventuali minori flussi finanziari derivanti dalla prosecuzione dell'impresa attraverso la vendita di immobili messi a disposizione dal Comune; che, in ogni caso, i proventi della gestione sono destinati a coprire solo un terzo del complessivo fabbisogno concordatario, i restanti due terzi assicurati in parte dalla vendita di beni patrimoniali della società non funzionali alla prosecuzione dell'impresa medesima, in parte dalla vendita di altri immobili conferiti dal Comune subordinatamente all'omologa del concordato; che, come è ragionevole desumere dall'approvazione della proposta concordataria, in una situazione siffatta la prospettiva puramente liquidatoria del fallimento, in considerazione della scarsità dell'attivo, è ancora considerata dal complesso dei creditori meno conveniente della soluzione concordataria fondata sulla prosecuzione dell'attività”.