Frasso, rapina in villa: medico e famiglia scrivono a Salvini

Lettera al ministro dell'Interno del dottore Gerardo Salvione: "Chiediamo solo giustizia"

Frasso Telesino.  

Da quella terribile sera sono trascorsi poco più di sette mesi e mezzo. Troppo pochi per sperare che la ferita, ampia, aperta nelle coscienze, possa essersi già in parte suturata, e che la paura abbia lasciato spazio solo ad uno spiacevolissimo ricordo.

Perchè quei lunghissimi minuti vissuti con il cuore in gola, con quattro minorenni in balia di un gruppo di banditi, sono un retaggio che si porteranno dietro a lungo coloro che hanno subito la rapina, particolarmente violenta, messa a segno lo scorso 21 febbraio nella villa di un medico di Frasso Telesino. Ancor di più dopo quanto accaduto di recente a Lanciano, con un altro medico in pensione e la moglie vivi per miracolo dopo essere stati brutalmente picchiati da una banda, successivamente catturata, di nazionalità romena.

Ecco perchè il dottore Gerardo Salvione e la sua famiglia hanno deciso di rivolgersi al ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Gli hanno scritto una lettera per chiedere “niente più che Giustizia, per non sentirci vittime anche di un sistema che si inceppa”.

E' “uno sfogo”, quello che hanno vergato. L'incipit è la ricostruzione dell'episodio: “Chi le scrive, è una famiglia che nel febbraio scorso è stata vittima di quella che la stampa nazionale ha definito “Arancia Meccanica nel Beneventano”. In quella maledetta sera – si legge -, le nostre due figlie (una diciottenne e una sedicenne) e due loro amiche, hanno vissuto un vero e proprio incubo. Un gruppo di malviventi, nonostante fossero poco più che le ore venti e che la nostra abitazione fosse collocata in una zona centrale del paese in cui viviamo, si sono introdotti in casa. Le ragazze sono finite ostaggio di quelle “bestie” per oltre due ore, in balia di eventi che potevano finire anche in maniera più drammatica.
A salvarle, l'arrivo dei genitori di una loro amica. I due poveri malcapitati, allarmati dal prolungato silenzio della figlia, si sono recati a casa nostra dove “catturati” dal commando armato sono stati malmenati. Il gruppo di belve, si è arreso solo quando ha creduto di aver ucciso la donna a seguito di un colpo alla testa. Il tutto ad oggi è cronaca ampiamente documentata dalla stampa”
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Il pensiero corre ai “fatti di Lanciano di questi giorni, che ci hanno fatto rivivere pienamente il nostro dramma. Anche nel nostro caso, stando alla pronuncia linguistica dei malviventi, il commando non era made in Italy. Ma le similitudini tra i due episodi, sono tanti. L'unica differenza, non secondaria, è che nel nostro caso, le “bestie” sono ancora a piede libero”.
E ancora: “Per noi, spenti i riflettori, sono rimasti solo i traumi fisici, ma soprattutto psicologici delle quattro ragazze. La loro vita che, dovrebbe essere intrisa di gioia e spensieratezza, è imperniata di fobie e ansie. Difficilmente riusciranno a togliere dai loro peggiori incubi quegli attimi in cui si sono trovate con le armi puntate addosso. Difficilmente cancelleranno la paura di andare incontro ad un epilogo drammatico che, forse, solo per caso fortuito non si è palesato.
Quelle “bestie” sono ancora in libertà Signor Ministro e noi non abbiamo nessuna informazione in merito alle indagini.Non crediamo sia normale che nel nostro Paese, la giustizia segua due velocità e che casi drammatici come il nostro finiscano nelle maglie dell'oblio”.

La conclusione: “Non chiediamo niente più che Giustizia, per non sentirci vittime anche di un sistema che si inceppa. Da genitori abbiamo il diritto-dovere di dare delle risposte alle nostre figlie. A loro abbiamo insegnato il rigore della responsabilità, per cui chi sbaglia è punito. Ad oggi, viviamo l'imbarazzo di guardarle negli occhi e non avere le risposte al terrore che leggiamo nei loro occhi ogni volta che devono attraversare la soglia di casa, sapendo che i loro aguzzini sono ancora in libertà. Confidiamo in Lei, Ministro, per dare loro quelle risposte che ad oggi lo Stato ci sta negando”.

Esp