"La rapina del denaro pubblico continua in modo massiccio"

Truffe indennità. Il Procuratore Capo Policastro: "Indagine resa difficile da fuga di notizie"

la rapina del denaro pubblico continua in modo massiccio
Benevento.  

“Erogazioni pubbliche continuano ad essere oggetto di rapina da parte di pochi a discapito di tutti. La rapina del denaro pubblico continua in modo massiccio e questo è grave, è un danno per tutta la società, per tutti i cittadini italiani che vedono svanire misure e aiuti destinati a chi ne ha bisogno e che invece vanno ad ingrassare professionisti scaltri”.

Così il Procuratore Capo di Benevento, Aldo Policastro ha commentato a margine della conferenza stampa l'inchiesta deflagrata questa mattina con 10 misure cautelari su un giro di truffe ai danni dello Stato. False imprese, false assunzioni per poi ottenere i benefici previsti post licenziamenti.

110 indagati, la maggior parte dei quali sono persone assunte fittiziamente ai quali poi veniva elargito il sussidio di indennità. A loro restava solo il 20 per cento circa, il restante denaro andava invece agli organizzatori della presunta associazione per delinquere.

“La Guardia di Finanza ha fatto un lavoro egregio – ha rimarcato Policastro -. Il dato allarmante di un'attività durata per molto tempo con una arricchimento illecito di svariati milioni di euro sottratti a chi ne aveva davvero bisogno. Un'inchiesta che tocca anche l'estero, come Malta e il Lussemburgo sulle quali sono ancora in corso indagini. Attività investigativa intralciata spesso e quindi rallentata da distruzione di documenti – anche questa mattina durante la notifica degli arresti – ma anche predisponendo il contenuto delle dichiarazioni che i lavoratori dovevano riferire all'autorità giudiziaria. Questo gruppo è stato in grado di conoscere l'esistenza delle indagini e delle intercettazioni. Questo è un fatto grave” ha tuonato il numero uno degli inquirenti sanniti.

“Indagini che ha svelato un sistema di frodi che ci ha consentito di tutelare le entrate dello Stato e la spesa pubblica” ha invece rimarcato il comandante provinciale della Guardia di Finanza, il colonnello Mario Intelisano. “Si è per fortuna arrivati all'aggressione del patrimonio accumulato da alcuni degli indagati in maniera illecita” con i sequestri per equivalente effettuati questa mattina.

“Una struttura organizzativa fondata in modo da garantire per anni la reiterazione delel attività delittuosa grazie alla creazione di 17 società che interagivano esclusivamente tra loro con operazioni inesistenti” ha spiegato il capitano Carlo Iannuzzo che ha guidato le indagini dei militari della Guardia di Finanza. “Le società creavano posizioni creditorie con due distinte destinazione: da un lato rimborsi fiscali, dall'altro venivano portate a compensazione con le ritenute assistenziali e previdenziale per i dipendenti e proprio in questo scenario si inseriscono le false assunzioni”.

Indagini partite nel 2018 all'esito del controllo di un'azienda per lavoro sommerso. Società, secondo l'accusa, che nonostante avesse dipendenti non esercitava alcuna attività.

“Durante l'escussione delle persone assunte, un dipendente – ha spiegato il capitano Iannuzzo – ci disse di essere stato contattato da uno degli indagati che gli aveva prospettato l'assunzione fittizia per poi essere licenziato per poi ricevere l'indennità di disoccupazione”.

Riciclaggio e autoriciclaggio contestato “sui rimborsi fatti (Iva etc ndr) transitare sui vari conti delle società per poi essere trasferiti su conti esteri a Malta e in Lussemburgo”.

Il capitano Iannuzzi ha ringraziato per la collaborazione l'Inps ed ha anche spiegato il tentativo di questa mattina di una delle persone indagate di far sparire documenti: “Quando ci ha visti è scappato nelle campagne adiacenti la sua abitazione ed ha cercato di nascondere una valigetta che abbiamo però recuperato”.

“Meccanismo che ha coinvolto 110 indagati, 210 rapporti con l'Inps per ottenere gli indebiti indennizzi ed erario frodato per oltre 2milioni di euro” sono i numeri dell'inchiesta snocciolati dal sostituto procuratore Maria Gabriella Di Lauro. “Questa rete associativa gerarchica si avvaleva del contributo dei beneficiari (dipendenti fittizi ndr) e dei prestanome delle varie società che amministravano solo formalmente queste società che in realtà non esistevano. I prestanome venivano di volta in volta accompagnati presso le banche e gli studi notarili per effettuare operazioni utili all'associazione. In sede di perquisizione – ha rimarcato il magistrato – il promotore dell'associazione ha cercato di disfarsi di una pennetta e altri documenti digitali. Un vero e proprio archivio con nomi e situazioni. Ritrovate email e password delle società fittizie con all'interno anche una sorta di promemoria di quello che dovevano dichiarare i falsi dipendenti all'autorità giudiziaria”.