Omicidio Improta, condanne confermate per Spitaletta e Rotondi

30 anni al 52enne di Tocco Caudio, 18 al 32enne per il delitto del giovane di Montesarchio

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La vittima, uccisa con due colpi di fucile, fu rinvenuta carbonizzata in un'auto sul Taburno

Montesarchio.  

Confermate dalla Corte di assise di appello le condanne decise il 29 gennaio del 2020 dal giudice Francesca Telaro, al termine di un rito abbbreviato, per l'omicidio di Valentino Improta, 26 anni, di Montesarchio, ucciso con due fucilate e rinvenuto carbonizzato, il 4 maggio 2018, in una Fiat Punto, intestata alla madre, ferma alla località Cepino di Tocco Caudio, nelle vicinanze di un'area pic-nic sul monte Taburno.

In particolare: 30 anni a Paolo Spitaletta (avvocato Antonio Leone), 52 anni, di Tocco Caudio, e 18 anni a Pierluigi Rotondi (avvocato Cosimo Ciotta), un 32enne originario di Tocco ma domiciliato a Tufara. Ribadito anche il risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore delle parti civili, rappresentate dagli avvocati Federico Paolucci, Ettore Marcarelli e Angelo Santoro- per i genitori e le sorelle-, e Vincenzo Sguera, per le due compagne.

Questa mattina le arringhe della difesa, nel pomeriggio la sentenza della Corte su un delitto al centro delle indagini del pm Assunta Tillo e dei carabinieri, che ha come movente la rapina e l'omicidio preterintenzionale di Giovanni Parente, 83 anni, di Montesarchio, morto all'ospedale Rummo due settimane dopo il raid di cui il 10 aprile del 2018 era rimasto vittima, insieme alla sorella 85enne, nella sua abitazione.

Come ripetutamente ricordato, si tratta di un colpo costato a Spitaletta la conferma, qualche mese fa, in secondo grado, della condanna a 18 anni stabilita dallo stesso collegio che si è pronunciato oggi - l'avvocato Leone aveva sollevato una questione di incompatibilità, respinta con una ordinanza impugnata dinanzi alla Cassazione-, per il quale era stato chiamato in causa anche Valentino Improta, che aveva ricevuto un avviso di garanzia in vista dell'autopsia dell'anziano.

Secondo gli inquirenti, il 26enne avrebbe minacciato Spitaletta di chiamarlo in correità se, nel caso in cui fosse stato arrestato, non avesse ricevuto assistenza economica per sé e la sua famiglia, anche per sostenere le spese legali per la propria difesa. Parole che avrebbero indotto Spitaletta, nel timore che Improta potesse collaborare con la giustizia per alleggerire la sua posizione, ad organizzare, in concorso con Rotondi, l'omicidio del giovane. Facendo credere al 26enne di aver ideato un furto di rame sul Taburno, l'avrebbero attirato in trappola.

La ricostruzione dei fatti parte intorno alle 22 del 2 maggio 2018, quando Improta avrebbe raggiunto i due imputati, che erano a bordo di una Mercedes, al volante della Punto della madre, nei pressi del ristorante il Querceto di Tocco Caudio, dove si erano dati appuntamento. Una volta alla località Le Martine di Tocco Caudio, i tre si sarebbero divisi: Rotondi sarebbe rimasto lì, in macchina, mentre Spitaletta sarebbe salito nella Punto di Improta, contro il quale, una volta alla località Cepino, avrebbe fatto fuoco due volte con un fucile a canne mozze calibro 12.

Due colpi all'altezza della nuca, “esplosi da distanza ravvicinata, da destra verso sinistra”. Poi il fuoco appiccato alla macchina, ed al cadavere di Improta che era all'interno, “con l'utilizzo di un accelerante” che aveva portato la “temperatura a raggiungere il picco di 800 gradi”. A quel punto, Spitaletta avrebbe percorso a piedi, per circa 30 minuti, un sentiero che l'aveva condotto nella zona in cui c'era ad aspettarlo Rotondi, con il quale si era infine dato alla fuga.