Violenza nelle carceri, la riflessione di Nessuno chiesta da Nessuno

Benevento. L'intervento dell'avvocato Matteo De Longis

violenza nelle carceri la riflessione di nessuno chiesta da nessuno
Benevento.  

Riceviamo e pubblichiamo un intervento dell'avvocato Matteo De Longis.

Cara Stampa,

torno a te a gran richiesta di Nessuno che però, come ci ha insegnato Omero, è sempre Qualcuno.

Hai dato notizia di un fatto violento avvenuto nella prigione locale e la mia curiosità è stata sollecitata da una sacrosanta denuncia affidata nell’occasione alle Tue pagine secondo cui, cito, “la violenza nelle carceri ha preso il sopravvento da quando l'uso coercitivo della forza è stato messo in discussione col reato di tortura".

Confesso: il mio animo buonista e sinistro si è sforzato di trovare fallacia in quest’argomentazione ma la verità, cara Stampa, è che logica e fenomenica m’impongono di riconoscerle esattezza.

Non si può negare, infatti, l’ingiustificata disparità di trattamento tra coloro cui viene impedito nelle nostre carceri di “cagionare con crudeltà acute sofferenze fisiche o un trauma psichico a una persona detenuta” ed i reparti della Polizia di Stato cui viene consentito di manganellare, senza concreta e specifica esigenza, le persone che manifestano la loro opinione in pubblico.

La discriminazione rasenta l’assurdo sol che si consideri la circostanza per cui venga consentito il pestaggio di minorenni incensurati e sia invece proibito percuotere un tantino un carcerato, per giunta napoletano e dunque pure gravemente indiziato di aver votato Geolier a Sanremo tramite microtelefono introdotto con drone.

Suvvia poi, Stampa mia, s'informa forse a ragionevolezza avallare il ricorso al vigoroso braccio soltanto per commemorare solennemente il camerata e non anche per rieducare silenziosamente l’incamerato?

Come giustificare, infine, che i poteri dello Stato vietino in casa nostra l’inflizione di umiliazioni gratuite quando consentono, nella democratica ed amica Ungheria, l’introduzione di una manifestante - stavolta maggiorenne ma comunque incensurata -, in aula di giustizia, al guinzaglio ed in catene incaprettata.

Come vedi, cara Stampa, la denunciata ingiustizia del reato di tortura è fondata, in fatto e secondo quello che si ritiene essere diritto.

Occhio però a dare troppo risalto a questa conclusione perché un rischio c’è, già m’immagino i titoli.

Corre infatti voce che Lo SFAPPO - Sindacato Fidanzati ed Amanti Particolarmente Possessivi ed Ossessivi - stia denunciando da tempo come l’introduzione del reato di stalking impedisca loro, ingiustificatamente, di esprimere l’amore nella forma più libera e senza alcun limite.

Per non parlare della SAAB - Società Anonima Allegri Banchieri - che ormai da anni, inascoltata, punta il dito contro il liberticida reato di bancarotta che castra illegittimamente la sacra e creativa iniziativa di tanti imprenditori.

Se ci rifletti, Stampa cara, qui sta il nodo della nostra approssimativa riflessione.

Perché mai si dovrebbero imporre lacciuoli legislativi all’esercizio dell’attività umana, alla sua natura secondo lo spirito di questo tempo, alle sue pulsioni?.

In altre ed altrui parole: come si fa, se Dio è morto davvero, a legare thanatos e castrare eros ovvero, in ultima analisi, che senso ha?

Nessuno, cara Stampa: come chi ce l’ha chiesto e come chi ci risponderà.