Barone e il figlio: nessuna tortura, solo schiaffi. Quella notte è andata così

Benevento. Cinque risponde al Gip, dichiarazioni spontanee per Barone. In silenzio Ucci e Lepore

barone e il figlio nessuna tortura solo schiaffi quella notte e andata cosi
Benevento.  

Tre si sono avvalse della facoltà di restare in silenzio (anche se una ha rilasciato delle dichiarazioni spontanee), la quarta ha risposto. Sono le scelte operate durante gli interrogatori di garanzia dalle quattro persone di Benevento arrestate nell'inchiesta del pm Giulio Barbato e dei carabinieri sulle torture ai danni di tre giovani sanleuciani.

Dinanzi al gip Vincenzo Landolfi hanno fatto scena muta Emanuele Ucci (avvocato Luca Russo), 23 anni, e Ludovico Lepore (avvocato Mario Villani), 53 anni, finiti agli arresi domiciliari, mentre Antonio Barone (avvocato Antonio Leone), 48 anni, per il quale era stata disposta la custodia in carcere, ha affidato ad alcune dichiarazioni la sua estraneità alle accuse: aver torturato e sottoposto a trattamenti degradanti le parti offese.

Ha fatto altrettanto il figlio, Vincenzo Cinque (avvocato Antonio Leone), 25 anni, anch'egli ai domiciliari, che, rispondendo, ha fornito la sua versione. Punto di partenza la lite scoppiata il 15 dicembre in un locale di Pietrelcina, rispetto alla quale Cinque, che in quella occasione aveva perso un orologio del valore di 5mila euro, ha affermato di essere stato aggredito e colpito, al pari del cugino, da alcune persone, anche con un piede di porco, e di essere stato 'invitato' ad andar via.

Due giorni più tardi, un amico avrebbe consigliato ad un 20enne, che si trovava con un coetaneo ed un sedicenne, di raggiungere, a Benevento, l'abitazione di Barone, per chiarire cosa fosse accaduto. Era sera inoltrata, intorno alle 22.30: i tre sanleuciani si erano messi in macchina e, portandosi dietro un cesto ed un orologio, non quello smarrito da Cinque, come segno di pace, avevano bussato all'appartamento del 48enne, che li aveva fatti entrare, senza chiudere a chiave la porta.

Una volta all'interno - ha proseguito il 25enne – i due 20enni – rappresentati dagli avvocati Fabio Russo e Nazzareno Fiorenza- erano stati schiaffeggiati ripetutamente al volto, ma non da Barone. Cinque, che aveva avuto un alterco, in particolare, con uno di loro, ha aggiunto che il papà era intervenuto, sostenendo che tutto era stato risolto e che potevano tornare a casa.

E ancora: i due 20enni si sarebbero detti disponibili a sborsare del denaro come risarcimento: mentre gli altri erano rimasti in casa, uno di loro, dopo aver tentato di accreditare una somma attraverso l'App del telefono, sarebbe stato accompagnato in macchina da Ucci e Lepore, prima presso uno sportello in città, poi a San Leucio, doveva aveva prelevato 250 euro che aveva consegnato. Lungo il tragitto di ritorno il controllo dei carabinieri e l'avvio di un'attività investigativa che avrebbe consentito di ricostruire quanto due dei tre sanleuciani avrebbero sofferto dalle 23 del 17 dicembre alle 2 del 18 dicembre. Sarebbero stati colpiti ripetutamente – uno di loro con la testa contro la vasca da bagno-, minacciati e costretti a “pulire il loro sangue e a muoversi carponi sul pavimento, emettendo i versi di un cane”.

Non è vero, hanno ribadito Barone e Cinque, che hanno invece ammesso di aver fatto uscire uno dei 20enni, che se l'era fatta sotto, sul balcone, per il cattivo odore che emanava. L'avvocato Leone ha evidenziato l'incongruenza tra le botte ricevute e le conseguenze refertate dai medici del San Pio: 7 e 5 giorni di prognosi per i due 20enni, illeso o quasi il 16enne.