Pensioni e protesi riabilitative Asl: sei proscioglimenti e nove a giudizio

Benevento. La decisione del Gup, processo ad ottobre

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Benevento.  

Sei non luogo a procedere pieni (un settimo parziale) e nove rinvii a giudizio. E' quanto deciso dal gup Salvatore Perrotta al termine dell'udienza preliminare per le quindici persone tirate in ballo dall'inchiesta della guardia di finanza sulle procedure di erogazione da parte dell'Asl dei presìdi riabilitativi, e sulle domande di pensione e accompagnamento.

Il capitolo delle pensioni

E' per quest'ultimo filone che, come chiesto dal Pm, il giudice ha disposto il proscioglimento per il dottore Nunzio Varricchio (avvocato Umberto Del Basso De Caro), Gennaro Fragnito (avvocato Vincenzo Sguera), di Benevento, dipendente Asl in forza all'Uoc – ufficio Affari legali, che, secondo gli inquirenti, avrebbero ricevuto, o accettato la promessa di ricevere, per se stessi e per consegnare a terzi i soldi che avrebbero sborsato i cinque figli e nipoti, indagati per concorso in corruzione – risiedono tra di Paduli, Benevento, Campolattaro e San Leucio del Sannio- delle persone che avevano chiesto, appunto, pensioni e accompagnamento.

Si tratta di Francesco Pozella, Giovanna.De.Mita, Paolo Pistacchia, Cristina Esposito. e Anna. Cavagnuolo. difesi dagli avvocati Sguera, Marcello D'Auria, Mario Feo, Paolo De Iorio, Vittorio De Angelis, Giovanni Carpenito.

Per questo troncone, prima il Gip, poi il Riesame avevano detto no alle richieste cautelari del Pm. Il Riesame aveva sottolineato che nel corso delle indagini “non è emerso alcun collegamento o contatto tra gli indagati e i componenti delle commissioni esaminatrici, né che gli stessi abbia potuto realmente e concretamente fare qualcosa per agevolare le pratiche. E' evidente come Fragnito e Varricchio, per i quali non è configurabile l'ipotesi di corruzione per atti contrari al loro ufficio, abbiano solo vantato di poter esercitare un'influenza per garantire il buon esito delle pratiche, e che le loro condotte, che sarebbero rientrate, prima dell'abrogazione, nel milllantato credito corruttivo, devono essere qualificate in termini di truffa”.

Il versante dell'erogazione dei presìdi

Dovranno invece affrontare il processo, che partirà il 10 ottobre dinanzi al collegio del Tribunale presieduto da Sergio Pezza, lo stesso Varricchio, che risponde di altri addebiti, Antonio Falato (avvocati Vincenzo Sguera ed Emilio Perugini), di Calvi, impiegato addetto all'Ufficio assistenza riabilitativa, Ennio Nardone (avvocato Antonio Nobile ), di San Giorgio del Sannio, titolare di 'Ortopedia insieme' e dell'omonima ditta individuale, Nadia Nava (avvocati Antonio Leone e Alfonso Nava), di Colle Sannita, socio accomandatario di 'Sannio Ortopedia' , Daniele Colucci (avvocati Leone e Francesco Del Grosso), di Colle Sannita, socio accomandante di 'Sannio Ortopedia', Maurizio Pizzella (avvocati Sergio Rando e Paola Reale), di San Nicola Manfredi, socio di 'Sannio Ortopedia', i dottori Andrea Novelli (avvocati Arturo Spinazzola e Antonio Castiello), di San Nazzaro, Gennaro Lerro (avvocato Rando), di Pietrelcina, e Nunzio Varricchio (avvocati Camillo Cancellario e Umberto Del Basso De Caro), di Benevento, tutti medici prescrittori Asl, Giuseppa Iadanza (avvocati Fabio Russo e Daniele Bonavita), di Benevento.

Le accuse

Le accuse vanno, a vario titolo, dalla corruzione alla truffa ed al falso, e riguardano fatti che si sarebbero verificati dal 2019 al 2021.  Gli inquirenti sono convinti di aver ricostruito il modus operandi attraverso il quale sarebbe stato aggirato l'iter previsto per consentire l'assegnazione delle forniture di protesi ed ausili alle due ditte. Il punto di partenza sarebbe stato, al momento delle prescrizione, il mancato inserimento dei codici previsti dal tariffario, per non rientrare negli elenchi relativi al bando di gara aggiudicato dall'Asl ad un imprenditore napoletano, che stava operando in regime di proroga.

Dopo la scelta della sanitaria, sarebbero stati inseriti i codici di presìdi corrispondenti in realtà a beni diversi, con costi nettamente superiori rispetto a quelli a cui i pazienti avrebbero diritto e a quelli effettivamente forniti. Un meccanismo sotteso da un presunto giro di soldi, quantificato nel 20-30% del valore di ogni pratica autorizzata e liquidata. Per le sanitarie chiamate in causa il volume di affari nei tre anni avrebbe raggiunto, complessivamente, l'importo di oltre 1 milione e 300mila euro, con un profitto, definito illecito, che ammonterebbe a oltre 400mila euro.