Benevento Calcio, cronaca di un (nuovo) amore

"Al Vigorito ho visto la civiltà e il cuore del tifo: qui nessuno ha perso"

benevento calcio cronaca di un nuovo amore
Benevento.  

 

di Gerardo Casucci*

 

Frequentavo saltuariamente Benevento da bambino con mio nonno Gerardino Romano, quasi trentennale sindaco di Telese, quando lui ci veniva per motivi strettamente istituzionali. La ricordo cittadina austera e cupa, poco adatta a un bambino.
Ci sono tornato per impegni confindustriali e sanitari altrettanto saltuari, ma con la sensazione che la Benevento di oggi fosse molto più congeniale tanto ai bimbi quanto ai giovani. Ci sono venuto ancora oggi per la partita Benevento-Brescia su cortese e gradito invito del Presidente Oreste Vigorito.
Partendo dalla fine direi che è stato tutto bellissimo, eccetto il risultato.
Ma riavvolgiamo il nastro.
Come San Bernardo per Dante nell'empireo, la mia guida verso lo stadio Ciro Vigorito è stato l'amico Fulvio Rillo.
E quale guida migliore avrei potuto scegliere, simbolo di fede appassionata che nella contingenza siffatta chiamasi tifo, ma quello vero, puro, signorile, antico, famigliare. Giunti al Vigorito è stato un susseguirsi prima di piacevoli sorprese, dalle moderne aree di accoglienza con le loro prelibatezze (su tutte la birra del Presidente) alla bellezza dei percorsi interni - l'ho definito senza piageria un piccolo Bernabeu - poi di autentiche emozioni, il manto erboso con la sua perfetta tenuta, la sua storia quasi improvvisata, la conoscenza del corpulento custode della sua magia, e infine il tripudio dei colori lì ad attenderci, il vigore pulsante del rosso con la morbidezza pensante del giallo.
Una festa e io ne ero il fanciullo. Infine la partita, più di fioretto che di spada (almeno nel primo tempo), più di posizione che garbaldina, con poche occasioni e due errori a pochi minuti dalla fine, prima nell'offendere e poi nel difendere, quest'ultimo fatale. Mano a mano che lo spettacolo si svolgeva ili mio coinvolgimento è stato più palpitante, più irreversibile, più necessario, e perciò alla sua conclusione più doloroso.
E non si creda che da novello tifoso non ardessi a quel punto dal desiderio di recriminare, accusare, giudicare. Ma ho visto quelli che tifosi sono da tanto, quelli che ciascuno a suo modo ci mettono il tempo, i soldi e il cuore (Presidente in testa), la loro compostezza, la loro civiltà, ma anche il loro dispiacere, quel disagio profondo senza appello nè consolazione che conosco molto bene. E me ne sono sentito (nuova) parte. Nessuno può cambiare il corso di una partita di calcio, come la vita alla fine va come deve andare, eppure in questo piccolo angolo di mondo ho ritrovato un insegnamento sopito, quello che anche una partita può celare un vincolo di dignità e di onore tra tutti gli attori di questo splendido spettacolo (se non ce lo rovinano). E quel vincolo, qui più pulito che altrove, è il solo modo per rialzarsi e vincere, casomai sussurrando a sè stessi con un sorriso quello che disse un giorno forse il più grande allenatore americano di calcio Vince Lombardi, "non abbiamo perso la partita, abbiamo solo esaurito il tempo".
Consideratemi uno dei vostri!

* Neurologo presso la Casa di Cura San Francesco di Telese - Vice presidente di Confindustria Benevento con delega alla Sanità