Acqua pubblica (ma torbida): in Campania scorre solo propaganda

La verità è semplice e scomoda: l’acqua è pubblica solo sulla carta

acqua pubblica ma torbida in campania scorre solo propaganda

È il pretesto perfetto per lavare — non le coscienze — ma le carriere di chi ha trasformato le partecipate in uffici di collocamento politico

In Campania l’acqua è pubblica, sì. Ma il rubinetto — quello vero, quello che decide dove scorrono i fondi, i favori e le poltrone — da dieci anni lo aprono sempre gli stessi. E non serve essere idraulici per capire che il problema non è la forma giuridica della gestione, ma chi gestisce. Perché il sistema idrico campano non è un modello di efficienza, bensì una diga di clientelismo che trabocca da anni. Le reti perdono più acqua di quanta ne portino, i depuratori sono più rumorosi delle promesse elettorali, e i cittadini pagano bollette salate per un servizio che fa acqua (letteralmente) da tutte le parti.

Edmondo Cirielli, candidato del centrodestra, l’ha detta chiara: “Oggi l’acqua non è in mani pubbliche, ma nelle mani del Pd”. Una frase che, al netto della retorica di parte, centra un punto: in questa regione, da decenni, l’acqua è il pretesto perfetto per lavare — non le coscienze — ma le carriere di chi ha trasformato le partecipate in uffici di collocamento politico. E ora, come nei migliori copioni del trasformismo italiano, arriva Roberto Fico, ex presidente della Camera e oggi candidato “del cambiamento” con il sostegno del Pd. Un po’ come se il cuoco di un ristorante avvelenato si ripresentasse come dietologo. Fico rispolvera la bandiera dell’acqua pubblica, ma l’effetto è quello dell’acqua minerale lasciata aperta: sgasata, insapore, inutile. Intanto la Campania resta seduta sui bacini idrici più ricchi d’Italia, ma continua a vivere crisi idriche degne del Sahel. In Irpinia l’acqua si raziona, i comuni litigano, gli acquedotti perdono litri come secchi bucati. E ogni volta, puntuale come la siccità d’agosto, arriva l’annuncio del “nuovo piano di riforma”, accompagnato da fondi che evaporano più in fretta delle promesse.

La verità è semplice e scomoda: l’acqua è pubblica solo sulla carta. Nella pratica, è privata da sempre — privatizzata dalla politica.
Il vero monopolio non è quello societario, ma quello del consenso. Cirielli promette di “voltare pagina”. Vedremo se sarà una pagina nuova o l’ennesima ristampa con la copertina cambiata. Ma una cosa è certa: la Campania non ha bisogno di eroi con la bandiera dell’acqua, bensì di amministratori capaci di farla arrivare ai rubinetti senza sprechi, senza clientele e senza slogan. Perché qui non serve decidere se l’acqua dev’essere pubblica o privata. Serve che sia pulita — e non solo nei bicchieri.