Reggia di Caserta:La cura Felicori e l'Italia che può cambiare

Intervista al manager Mauro Felicori

Spenta l’eco mediatica dei suoi interventi, Felicori ha continuato in silenzio la sua rivoluzione. E’ partita la cura Felicori e la grande Reggia sembra essersi svegliata dal torpore di anni di abusivismo e mancato rilancio.

di Simonetta Ieppariello

Ha rilanciato una delle meraviglie d'Italia. Un direttore manager che in poco meno di due anni e mezzo ha rilanciato la Reggia di Caserta dimostrando che l’Italia può e deve cambiare.

Mauro Felicori promuove nuovi spazi e strategie, eventi e idee perchè la Reggia di Caserta diventi una sorta di porta del Sud, che geograficamente e concettualmente accolga e introduca i visitatori alla scoperta di tutti i tesori della Campania. Una porta che accolga e includa, priva di battenti. Guardando la Reggia dal cannocchiale dove quanto creato da Dio, la natura, e l'uomo, con la straordinaria architettura da giardino, Mauro Felicori immagina un imponente portale che unisca e non divida, anzi, che riprenda quell’idea grandiosa dei Borbone di una capitale osmotica tra la Reggia di Caserta, quella che doveva essere la vera casa reale, e Napoli e il suo Golfo. (video 696 tv ottochannel)

Una idea grande e maestosa come la Reggia, che come spiega scherzosamente Felicori, fa sfigurare anche “Buckingham Palace, che a suo cospetto sembra un palazzotto”. Secondo Felicori si dovrebbe superare soprattutto quello strano e inossidabile atteggiamento di assuefazione che sembra avere contagiato, drammaticamente, gli italiani. Quella tenace assuefazione ad una pubblica amministrazione inefficiente, lenta, sconnessa. «Bisogna cambiare radicalmente atteggiamento - spiega Felicori -. Le risorse economiche che vengono assegnate a pioggia sono finite da un pezzo. La risorsa siamo noi che dobbiamo lavorare di più e come si deve. E per tutelare il patrimonio culturale bisogna promuoverlo a livello turistico. Il vero problema degli italiani è questa incredibile assuefazione che ci rende molto passivi e poco protagonisti del cambiamento che si deve attuare, perché di fondi non ce ne sono più e solo in noi possiamo trovare forza e stimoli per rilanciare il nostro Paese». In poche parole Felicori racconta quello spirito nuovo, quel sentimento autentico che dovrebbe animare ogni campano, ogni italiano perché il turismo sia davvero risorsa e fonte di lavoro.

«Il mio primo giorno a Caserta? Ci sono venuto col direttore dei musei dello Stato per testimoniare solidarietà al titolare del negozio libri e cartoline minacciato da uno dei tanti venditori abusivi che facevano il bello e il cattivo tempo dentro e fuori la Reggia». Non il migliore dei benvenuti per Mauro Felicori, 64 anni, per una vita dirigente del settore cultura del Comune di Bologna, uno dei venti direttori nominati dal ministero dopo la riforma Franceschini, con la missione di rilanciare uno dei beni culturali più preziosi della nostra Penisola.

Era l’autunno del 2015.Una stagione che diventa lo spartiacque: nel mezzo, una piccola grande rivoluzione animata dalla cura Felicori. Mese dopo mese, programmazione dopo programmazione i numeri dei visitatori aumentano fino a un milione. La sfida ora è quella di raggiungerne due di milioni. Numeri a simbolo di un cambiamento radicale: come quando una missiva sindacale spedita al ministero se la prendeva con questo strano direttore che «lavorava troppo». Già, perché Felicori entrava nella Reggia alle sette dal mattino e usciva alle otto. E nel weekend, invece di tornare a Bologna, girava la provincia a visitare altri musei e siti culturali del territorio con cui fare sinergia. Fino ad arrivare alla terra dell’osso, l’entroterra campano e scoprire e stringere patti con paesini illuminati di Irpinia e Sannio, che nella Reggia e il suo manager hanno trovato una sorta di nuovo sistema da abbracciare, fortemente.

Spenta l’eco mediatica di quell’episodio, Felicori ha continuato in silenzio la sua rivoluzione. E’ partita la cura Felicori e la grande Reggia sembra essersi svegliata dal torpore di anni di abusivismo e mancato rilancio.

Ecco come fare della cultura e del patrimonio culturale il motore per il rilancio di un pezzo di Mezzogiorno: «L’idea che si possa fare qui un esperimento culturale che diventa vettore di occupazione e ricchezza, che cambiare pelle alla Reggia di Caserta possa diventare un esempio di cambiamento per il Paese, è qualcosa di esaltante. Così la Reggia può e deve essere il simbolo di una Italia che può e deve cambiare»

Felicori, qual è la prima cosa che ha pensato, quando è entrato per la prima volta da direttore nella Reggia di Caserta?


Ho avuto l’immediata consapevolezza di un’incomprensibile incoerenza tra l’importanza del monumento e la sua notorietà. La Reggia era incredibilmente sottovalutata. E non solo la Reggia. Insomma la metà dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco sono qua eppure non creano una adeguata ricchiezza.

Per dove passa il rilancio?

Per la programmazione e volontà. Bisogna cambiare atteggiamento liberarsi da questo senso di assuefazione che inquina il modo di lavorare praticamente di tutti. L’assuefazione fa un danno enorme, è qualcosa di micidiale. Penso al fatto stesso che da anni si era abituati ad arrivare a Caserta e trovare i venditori abusivi comodamente sistemati nel cannocchiale ad accogliere i turisti di tutto il mondo. Siamo riusciti a cambiare qualcosa, ma c’è molto da fare. Una cosa è certa gli italiani devono capire

Quali?

È colpa di un’attitudine professorale e accademica. I musei sono sempre stati gestiti con una visione accademica, come oggetto di ricerche. Insomma luoghi per pochi eletti, compresi solo da alcuni. Insomma non in chiave di marketing e comunicazione, come si gestisce un’impresa. Servono entrate, soldi numeri.

Deve fare soldi, quindi…

Un’impresa culturale deve produrre cultura ad alti livelli così da consolidare l’abitudine e naturale attitudine delle persone a continuare a vederne di altri, a ritornare nello stesso sito o città.  Questo è il nostro fatturato. La nostra missione è rendere l’Italia più colta e civile. Di un sapere elitario e settario l’Italia non se ne fa nulla. Ma di un sapere condiviso e allargato sì.

Magari invitando le persone a restare più a lungo…

Sì. Proprio la Reggia di Caserta viene vista come un luogo da gita. Una sorta di mordi e fuggi. Invece la Reggia è la Campania. Si dovrebbe pensare in maniera alta, allargata, creando una unica grande visione di questa Regione così straordinariamente ricca di bellezze, di ogni tipo.

Guardando la Reggia, ogni mattina quando arriva, cosa pensa?

Che vorrei costruire un portale, grandissimo senza battenti, che accolga chi da nord arrivi a Sud. Arriverebbe a Caserta che diventerebbe il passaggio obbligato di tanti flussi e che introdurrebbe tutti a scoprire una delle meraviglie più preziose del mondo. La Reggia e la Campania, Napoli e San Leucio, i piccoli paesi di Irpinia e Sannio e tutto il resto.

La ricchezza, il rilancio, l’obbiettivo per dove passa?

Dobbiamo smettere di compiacerci per quanto è bella la nostra Italia. Per tutto questo noi, attualmente, non abbiamo alcun merito. E’ ora di guardare al futuro lavorando. Seriamente. Bisogna essere coesi preparati e chiari nell’obiettivo scelto così da poter rendere davvero il beni culturale, museali, paesaggistici etc etc una ricchezza concreta. E produttiva.