Focus. Glifosato, l'erbicida più diffuso provoca tumori: è allarme

Chi lo produce e in quali zone d'Italia il rischio è a livelli di guardia

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?L'appello di Pietro Lorefice dopo i dati shock del Global Glyphosate Study.

Glifosato, la denuncia del M5S: “È cancerogeno, l’Ue fermi la proroga”. Il Global Glyphosate Study ha diffuso dati allarmanti sugli effetti cancerogeni del glifosato, uno dei pesticidi più utilizzati al mondo. I risultati della ricerca dimostrano che dosi anche molto inferiori ai limiti oggi consentiti nell’Unione Europea sono sufficienti a provocare nei ratti la formazione di tumori sia maligni che benigni. Tra le patologie rilevate vi sono casi di leucemia precoce, tumori del fegato, della tiroide, del sistema nervoso centrale e delle ovaie.

Particolarmente preoccupanti risultano essere gli effetti dei co-formulanti presenti nei prodotti commerciali a base di glifosato, che sembrano aumentare in modo significativo la tossicità del principio attivo, soprattutto per quanto riguarda le forme leucemiche.

Coerenza con i dati epidemiologici sull’uomo

Queste evidenze scientifiche, secondo gli autori dello studio, non solo confermano precedenti allarmi già lanciati dalla comunità scientifica e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ma si inseriscono con coerenza nel quadro epidemiologico osservato sull’uomo. Le correlazioni tra l’esposizione al glifosato e l’incidenza di tumori sono sempre più difficili da ignorare.

La proroga dell'Ue e la protesta del M5S

Nonostante il quadro preoccupante delineato dallo studio, la Commissione Europea ha deciso di prorogare l'autorizzazione all’uso del glifosato fino al 2033. Una scelta che ha sollevato un’ondata di critiche e indignazione. In prima linea, il Movimento 5 Stelle ha espresso una ferma opposizione, per voce del senatore Pietro Lorefice, Segretario di Presidenza del Senato e capogruppo M5S nella Commissione bicamerale Ecomafie e in quella per le Politiche UE.

Durante una conferenza stampa tenuta in Senato, Lorefice ha chiesto “una revisione urgente delle politiche europee in materia”, accusando le istituzioni di mettere “la tutela della salute e dell’ambiente in secondo piano rispetto agli interessi economici delle multinazionali”.

Verso un nuovo fronte politico?

La battaglia contro il glifosato potrebbe riaprire un fronte di scontro tra le forze ambientaliste e le istituzioni europee. Il Movimento 5 Stelle, che da anni porta avanti una linea di contrasto ai pesticidi pericolosi, punta ora a un’alleanza parlamentare trasversale per esercitare una nuova pressione su Bruxelles e avviare un percorso legislativo più stringente. La questione si inserisce in un momento di grande attenzione pubblica verso la sostenibilità e la sicurezza alimentare, con una crescente richiesta, da parte dei cittadini europei, di un’agricoltura più sana, giusta e rispettosa dell’ambiente.

Come viene prodotto il glifosato

Il glifosato è un erbicida sistemico totale, ovvero agisce eliminando tutte le specie vegetali con cui entra in contatto, senza distinzione tra infestanti e colture non selezionate. La sua produzione avviene attraverso complesse sintesi chimiche a partire da glicina, formaldeide e acido fosforoso. Il metodo più utilizzato è noto come Kabachnik–Fields, che porta alla formazione della molecola attiva con successive fasi di raffinazione e decarbossilazione.

Una volta brevettato dalla Monsanto nel 1971, il glifosato è rimasto sotto protezione fino al 2000. Dopo la scadenza del brevetto, la molecola è divenuta di dominio pubblico, aprendo la strada alla produzione da parte di numerose aziende a livello mondiale.

Chi lo produce e chi lo distribuisce

Oggi, il principale produttore mondiale di glifosato è la Cina, che controlla oltre il 40% della produzione globale. Tra le aziende che dominano il mercato figurano giganti dell’agrochimica come Bayer (che ha acquisito Monsanto), BASF, Syngenta, Corteva, UPL e Adama. In Italia, la molecola non viene prodotta direttamente ma viene importata e formulata da aziende concentrate a Milano, a Saronno, dove si commercializzano fitofarmaci in tutto il territorio nazionale, rifornendo cooperative agricole e consorzi.

Aziende forniscono il glifosato soprattutto sotto forma di formulati commerciali pronti all’uso, spesso miscelati con coformulanti che ne potenziano l’effetto, ma che ne aumentano anche la pericolosità per la salute umana e per l’ambiente.

Perché viene usato

Il glifosato è apprezzato per la sua efficacia, il basso costo e la versatilità. Viene assorbito dalle foglie e traslocato fino alle radici, bloccando un enzima essenziale per la sintesi degli aminoacidi nelle piante, provocandone la morte.

Viene utilizzato principalmente:

in agricoltura industriale, per la pulizia dei campi prima della semina;

nella viticoltura, per il diserbo sottofilare;

nei frutteti e nelle colture cerealicole, come grano e mais;

in ambito urbano, lungo strade, ferrovie e aree pubbliche.

La sua popolarità deriva anche dal fatto che riduce la necessità di lavorazioni meccaniche del suolo, abbattendo i costi di manodopera e carburanti, ed è compatibile con colture geneticamente modificate resistenti al glifosato (OGM), sebbene questi non siano autorizzati in Italia.

Dove si usa di più in Italia

Secondo dati raccolti da ISPRA e da diverse agenzie ambientali regionali, il glifosato è largamente utilizzato nelle regioni del Nord Italia, dove si concentra la maggiore attività agricola intensiva. Le aree più coinvolte sono:

Veneto: in particolare nella zona del Prosecco DOCG (Conegliano-Valdobbiadene), dove sono stati riscontrati residui nei suoli e nelle acque. Alcuni Comuni hanno avviato restrizioni volontarie;

Lombardia: presenza significativa in ambito cerealicolo e orticolo, con rilevazioni di glifosato e suoi metaboliti anche nel miele;

Emilia-Romagna: diffuso nelle coltivazioni di mais, grano e ortaggi, con tracciamenti ambientali nei corsi d’acqua;

Piemonte e Friuli-Venezia Giulia: uso documentato in viticoltura e cereali;

Toscana e Lazio: utilizzo in frutteti e orticoltura.

Nel Sud Italia l’uso è più contenuto, ma presente, soprattutto in Puglia e Sicilia, dove si pratica agricoltura industriale su grandi superfici.

Un uso ancora tollerato, nonostante le polemiche

L’Unione Europea ha rinnovato l’autorizzazione all’uso del glifosato fino al 2033, una scelta fortemente contestata da diversi gruppi politici, ambientalisti e comunità scientifiche, anche alla luce del recente Global Glyphosate Study, che conferma la pericolosità del composto anche a dosi molto basse. Tuttavia, nonostante le proteste, in Italia la sostanza è ancora legale e utilizzata in larga scala, anche se alcune Regioni e Comuni stanno adottando misure restrittive, anticipando eventuali provvedimenti futuri a tutela della salute pubblica e della biodiversità.