Rischio per un terzo dell’export italiano verso gli Stati Uniti. L’introduzione di dazi statunitensi al 10% sui prodotti europei, seppur inferiore a quanto temuto, rischia di pesare pesantemente sull’economia italiana. Secondo le stime di Confindustria, nel 2026 le perdite potrebbero sfiorare i 20 miliardi di euro, pari a quasi un terzo del valore dell’export italiano verso gli USA nel 2024. A essere maggiormente colpiti sarebbero i settori chiave del made in Italy: farmaceutica, food e vino, moda, meccanica e automotive, con una ricaduta occupazionale stimata in circa 118mila posti a rischio.
Farmaceutica e vino tra i settori più esposti
La farmaceutica italiana, oggi ancora esclusa dai dazi, potrebbe subire un danno di 2,5 miliardi. L’industria del vino, già in affanno per l’eccesso di offerta, rischia un calo dell’8-12% dei volumi esportati e fino a 190 milioni di euro in meno. Il governo italiano punta a esenzioni parziali sul modello dell’accordo auto tra Stati Uniti e Regno Unito, cercando di ottenere che i dazi si applichino solo oltre determinate soglie di esportazione.
La svalutazione del dollaro aggrava la perdita di competitività
Alla pressione tariffaria si aggiunge l’effetto del cambio valutario. Il dollaro ha perso l’11% del suo valore in pochi mesi, un calo che non si registrava dal 1973. Secondo Confindustria, un prodotto italiano venduto a 100 dollari nel 2024 oggi ne costa 123,5 per l’acquirente americano. Una dinamica che rende l’export italiano meno competitivo, aggravando ulteriormente gli effetti dei dazi.
Meccanica e automotive sotto tiro: 24 miliardi di interscambio a rischio
Anche l’export di macchinari e veicoli italiani – che già scontano dazi al 25% – è in forte difficoltà. Secondo l’Agenzia ICE, questi settori potrebbero perdere altri 2,5 miliardi entro il 2027. Il comparto siderurgico, già ridotto a un terzo dell’export del 2018 verso gli Usa, rischia un crollo totale a causa dell’invasione del mercato europeo da parte dell’acciaio cinese a basso costo.
Moda e gioielli stimano contrazioni per oltre un miliardo
I comparti del tessile, dell’arredo e della gioielleria – secondo Istat e Confartigianato – potrebbero perdere tra il 2% e il 3% dell’export. Solo la moda rischia tra 400 milioni e oltre un miliardo di euro entro il 2027. L’industria dei gioielli potrebbe perdere fino a 140 milioni. Anche questi settori chiedono interventi mirati di tutela.
Negoziati in corso: si punta a un’intesa entro il 9 luglio
Il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, ha incontrato a Washington il segretario al Tesoro Usa Scott Bessent, segnale del peso politico del dossier. L’obiettivo è ottenere un’intesa temporanea prima dell’ultimatum di Trump, fissato al 9 luglio. Bruxelles sembra disposta ad accettare dazi al 10% generalizzati, ma chiede esenzioni per farmaci, alcolici e aerei civili, oltre a un taglio delle aliquote del 50% su acciaio e del 25% su auto e componentistica.
L’Ue prova a restare unita contro il “divide et impera”
Francia, Germania e Italia convergono su una linea comune, sostenendo un accordo rapido e con i dazi più bassi possibile. La strategia europea punta a evitare una guerra commerciale e a proteggere i settori strategici. In caso di mancato accordo, Bruxelles è pronta a varare misure di ritorsione nella riunione dei ministri del Commercio prevista per il 14 luglio.
Le pressioni delle multinazionali e la difficile mediazione
Secondo Bloomberg, diversi colossi industriali europei – tra cui Mercedes-Benz e LVMH – hanno sollecitato la Commissione a ridurre la lista dei controdazi per evitare danni incrociati. La preoccupazione è che colpire le esportazioni Usa finisca per danneggiare anche le filiere produttive europee. La posta in gioco resta altissima per entrambi i blocchi.