L’aeroporto di Benina a Bengasi è stato teatro di una rottura diplomatica clamorosa. La delegazione dell’Unione Europea, composta dal commissario europeo per la Migrazione Magnus Brunner e dai ministri dell’Interno di Italia, Grecia e Malta, tra cui Matteo Piantedosi, è stata respinta all’ingresso nel territorio controllato dal generale Khalifa Haftar. L’ordine di allontanamento immediato è giunto direttamente dal premier del governo della Cirenaica, Osama Saad Hammad, che ha denunciato una "flagrante violazione delle norme diplomatiche" e "disprezzo per la sovranità nazionale libica".
L’ombra della rivalità libica
La missione faceva parte dell’iniziativa Team Europe e aveva lo scopo di consolidare i rapporti con entrambi i governi libici — quello occidentale di Tripoli e quello orientale con sede a Bengasi — per rafforzare la cooperazione sulla sicurezza, il controllo dei confini e i rimpatri. Dopo una prima tappa nella capitale libica, accolta positivamente dal governo di Dbeibah, la delegazione è giunta a Bengasi per il secondo incontro. Ma l'accoglienza è stata gelida, e si è trasformata in un esplicito rifiuto. Fonti libiche hanno parlato di “mancato coordinamento” da parte della delegazione europea, che non avrebbe seguito le procedure richieste per le visite diplomatiche. A irritare ulteriormente le autorità dell’Est sarebbe stata la scelta di incontrare per primi i rappresentanti del governo rivale, letta come un atto di legittimazione politica.
Il ruolo dell’ambasciatore Ue
A peggiorare la situazione sarebbe stato un acceso scambio tra l’ambasciatore dell’Ue in Libia, Nicola Orlando, e funzionari libici presenti in aeroporto. Secondo ricostruzioni trapelate da ambienti diplomatici, Orlando sarebbe stato il primo a scendere dall’aereo e avrebbe espresso osservazioni poco gradite sulla presenza e il comportamento della delegazione locale. A quel punto, la controparte libica avrebbe posto fine alla visita, dichiarando tutti i membri europei "persona non grata".
Reazioni e contraccolpi in Europa
Il commissario Brunner ha definito l’episodio "un grave ostacolo alla cooperazione" e ha ribadito l'importanza di coinvolgere tutte le parti libiche nei programmi europei. Atene ha parlato di “atto inaccettabile”, mentre Bruxelles sta valutando l’invio di un emissario tecnico o la convocazione di un incontro in sede neutrale per superare l’impasse. Non si esclude la possibilità di riconsiderare i fondi destinati alla Cirenaica in assenza di collaborazione.
Bufera politica in Italia
Il caso ha avuto un’eco immediata sulla scena politica italiana. Le opposizioni hanno attaccato duramente il governo Meloni. Il Partito Democratico e Italia Viva parlano di "figuraccia internazionale", mentre il Movimento 5 Stelle paragona l’episodio al caso Almasri, con parole pesanti: “Rimpatriamo un trafficante con volo di Stato e veniamo cacciati da Bengasi”. Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra ha ironizzato: “Tajani ha ragione, è proprio sfigato”. Fonti vicine al Viminale hanno provato a gettare acqua sul fuoco, parlando di un’“incomprensione protocollare” e sottolineando che la crisi non riguarda direttamente i rapporti bilaterali tra Italia e Libia.
Un rischio per la strategia europea
La crisi scoppiata a Bengasi rischia di minare la strategia dell’Unione Europea sul fronte migratorio. Il tentativo di coinvolgere simultaneamente le due Libie, considerato un passo importante verso la stabilizzazione del Mediterraneo, si scontra ora con la frammentazione del Paese e le tensioni geopolitiche. La Cirenaica, da tempo vicina alla Russia e agli Emirati Arabi Uniti, sembra sempre più diffidente verso ogni iniziativa europea, soprattutto se percepita come parziale.
