Il rifiuto categorico dell’Iran. L’Iran ha rispedito al mittente ogni proposta americana di dialogo, ribadendo che non ci sarà alcuna apertura finché dureranno le “aggressioni”. In un discorso trasmesso dalla televisione di Stato, la Guida Suprema, ayatollah Ali Khamenei, ha affermato: “Gli americani vogliono negoziare e hanno inviato messaggi più volte, ma abbiamo detto chiaramente che finché questa aggressione non cesserà, non c'è spazio per parlare di dialogo”.
Le parole di Khamenei si inseriscono in un contesto di crescente tensione, in cui l’Iran accusa direttamente gli Stati Uniti di essere complici delle azioni israeliane. “Anche gli USA sono partner del crimine israeliano contro l’Iran”, ha detto senza mezzi termini il leader, rilanciando l’accusa di collusione nel conflitto in Medio Oriente.
L’allarme del Pentagono: “Nessuna tregua nucleare”
Dagli Stati Uniti, intanto, arrivano segnali di preoccupazione crescenti. Il generale Jack Keane, in pensione ma voce ancora ascoltata nei circoli strategici di Washington, ha dichiarato che non crede che l’Iran accetterà mai di rinunciare all’arricchimento dell’uranio. Intervistato nel programma “Fox & Friends”, ha spiegato: “L’Ayatollah non ha mai fatto un vero accordo perché ha costruito un sistema pensato per resistere a un attacco. Lui crede che l’Iran possa assorbire il colpo, sopravvivere, riprendersi e poi ricostruire”.
Secondo Keane, la strategia di Teheran si fonda su una visione a lungo termine, che esclude compromessi sul programma nucleare. “Non vedo alcuna possibilità, nel breve termine, che questo uomo accetti un’intesa”, ha aggiunto con tono netto.
Una diplomazia in stallo
Lo scenario internazionale si fa sempre più cupo. Gli sforzi diplomatici sembrano paralizzati, con Washington che tenta invano di riaprire un canale con Teheran. La posizione iraniana, tuttavia, appare granitica: nessun negoziato se prima non cessa la pressione militare e politica, soprattutto quella esercitata da Israele con l’appoggio statunitense. L’asse Teheran-Tel Aviv, storicamente segnato dall’ostilità, vive un nuovo picco di tensione. E l’ombra di un conflitto aperto — con possibili ripercussioni regionali — resta più che mai presente.