Parla anche napoletano l’impegno della Chiesa per la pace in Ucraina. Il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo emerito di Napoli, è stato scelto da papa Leone XIV come suo inviato a Leopoli, dove da giovedì a lunedì prossimi prenderà parte alle celebrazioni per il 650° anniversario della fondazione della Metropolia di Halic. Una missione che avrà un forte valore religioso e simbolico, ma che sarà anche occasione di vicinanza concreta al popolo ucraino, duramente colpito dalla guerra.
«Stavo preparando le vacanze – ha raccontato Sepe incontrando la stampa a Napoli – poi è arrivata la telefonata della Segreteria di Stato con la quale il Pontefice mi incaricava di partecipare come suo delegato. Quando il Papa chiama è un ordine: ho detto subito sì».
Il programma della visita prevede non solo la partecipazione alle liturgie, ma anche incontri con rappresentanti istituzionali – già fissato quello con il sindaco di Leopoli – e tappe in luoghi che raccontano la sofferenza della guerra: un ospedale, un cimitero militare e un centro di accoglienza. Inoltre, sarà posta la prima pietra di una nuova chiesa dedicata alla Madonna della Misericordia. «La Chiesa non ha droni e non ha missili – ha sottolineato Sepe – la nostra unica arma è la preghiera. E tutti insieme dobbiamo pregare per la pace».
Il cardinale, che sarà accompagnato dal suo segretario don Roberto e dal vescovo di Cerreto Sannita Giuseppe Mazzafaro, partirà dall’Italia per raggiungere prima Cracovia, in Polonia, dove incontrerà il cardinale Stanislao Dziwisz, già segretario di Giovanni Paolo II. Da lì la delegazione proseguirà in auto fino a Leopoli. «Il Papa nella lettera con cui mi ha incaricato – ha aggiunto – ha scritto che questa ricorrenza deve diventare occasione per ribadire la vicinanza della Chiesa a un popolo che non può vivere di guerre, droni e missili, ma di speranza».
Sepe ha ricordato anche i rapporti di Napoli con le comunità ucraine e russe presenti in Campania: «Abbiamo concesso una chiesa agli ucraini e una ai russi per permettere a entrambe le comunità di celebrare le proprie liturgie. Io stesso portai a Mosca una reliquia di San Gennaro, che il patriarca Alessio II collocò nella sua cappella privata. Napoli è sempre stata una città accogliente».
Sul possibile incontro con il presidente Volodymyr Zelensky Sepe resta prudente: «C’è un programma preciso legato alle celebrazioni. Incontrerò il sindaco, visiterò i feriti e poserò la prima pietra di una nuova chiesa. Questo è il mio mandato». E sul ruolo della Chiesa in un contesto che intreccia inevitabilmente fede e politica, l’arcivescovo emerito ha ricordato: «I nunzi apostolici sono ambasciatori del Papa presso i governi. La Santa Sede non smette di offrire la propria disponibilità a favorire percorsi di pace».
Non sono mancati accenni anche ad altri scenari internazionali, come Gaza: «Chi porta aiuti umanitari non può essere definito terrorista. Se uno è pazzo, è pazzo. Noi come cristiani dobbiamo costruire quella che Paolo VI chiamava la civiltà dell’amore. Ma ce ne vuole…».
Infine, un pensiero sul pontificato di Leone XIV, appena agli inizi: «È prematuro dare giudizi. Mi dicono che sia una persona equilibrata. Sono passati appena cento giorni, vedremo come affronterà le difficoltà che lo attendono».
Per Sepe, che dopo l’ordinazione sacerdotale si è formato all’Accademia ecclesiastica di Roma, questa missione ha anche un valore personale: «Porterò a Leopoli il cuore di Napoli. C’è sempre stato un legame forte con l’Ucraina. Il nostro compito oggi è dare speranza a un popolo che soffre».
