Il coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani, alla luce dei recenti episodi di violenza che hanno coinvolto adolescenti a Quarto, Fuorigrotta e Ottaviano, esprime forte preoccupazione e invita a guardare oltre la superficie del fenomeno.
La cronaca restituisce immagini di giovani sempre più precoci nel ricorso alla brutalità, ma dietro questi comportamenti si intravede un tessuto sociale ed educativo che mostra profonde crepe.
"La violenza minorile, non è soltanto questione di ordine pubblico. È l’indicatore di una fragilità più ampia che attraversa famiglie, comunità, ambienti educativi e culturali. Laddove mancano occasioni di crescita, modelli positivi e spazi di confronto costruttivo, la strada e il web diventano le aule privilegiate della socializzazione, con linguaggi spesso dominati da sopraffazione, aggressività e indifferenza verso la dignità altrui. È proprio in questi vuoti educativi che germogliano le condotte devianti.
In questo scenario la scuola assume una funzione insostituibile. Essa rappresenta non solo il luogo dell’istruzione, ma soprattutto il presidio dove si imparano la convivenza, la responsabilità, il rispetto dei diritti e il valore della legalità. Quando la scuola viene marginalizzata, privata di risorse o ridotta a semplice erogatrice di nozioni, si priva la società dello strumento più potente per prevenire la deriva violenta dei giovani.
Ecco perché discutere di abbassare l’età imputabile non può essere l’unica risposta. Misure repressive non affrontano le radici del problema e rischiano di ridursi a scorciatoie incapaci di incidere realmente. Ciò che serve è un investimento serio, sistematico e duraturo nella cultura della legalità, che significa rafforzare l’educazione civica, valorizzare i percorsi di educazione ai diritti umani, creare contesti scolastici e territoriali capaci di includere, ascoltare e responsabilizzare gli adolescenti".
Il Cnddu presieduto da Romano Pesavento lancia quindi un appello alle istituzioni: è tempo di considerare la scuola non come uno degli attori possibili, ma come il centro nevralgico di una strategia nazionale contro la violenza minorile. Solo riconoscendole questo ruolo e fornendole risorse adeguate si potrà trasformare il “sussulto delle coscienze” invocato dal prefetto Michele di Bari in un progetto concreto e duraturo di cambiamento sociale.
