E se le statue classiche tornassero a colori? Almeno virtualmente oggi si può. Il Museo Archeologico nazionale di Napoli sarà il primo in Italia realizzare un database sulla policromia antica utilizzabile sia dagli studiosi che dal pubblico. Le prime statue ad essere analizzate saranno quelle della collezione Farnese, a partire dall'Atlante, ma tra le cento opere individuate, che non si sposteranno dalla loro collocazione, ci sono anche le pompeiane 'Venere in bikini', con il suo celebre 'due pezzi' dorato, e Venus Marina, il rilievo del Thiasos dionisiaco di Ercolano. Il progetto, presentato dal direttore Paolo Giulierini, si chiama MANN-IN-COLOURS, curatrice è l'archeologa Cristiana Barandoni. La prima fase durerà tre anni e impiegherà nuove tecnologie e software digitali mai usati nel nostro paese grazie alla collaborazione scientifica con la National Taiwan Normal University di Taipei.
Insomma, la bellezza di pura forma, idealizzata e scolpita nel marmo bianco, celebrata nella storia dell'arte fino a pochi decenni fa, non era quella ammirata dagli antichi. Difficile anche ora abituarsi all'idea di un Atlante Farnese, tanto per citare un esempio, ricoperto di colori persino un pò sgargianti. Di certo le sculture tramandate dall'arte greca o romana non erano del bianco assoluto idealizzato dal rinascimento o in epoca neoclassica, e il Museo archeologico nazionale di Napoli sarà il primo a realizzare un databese sulla policromia antica relativo a sculture che ospita.
L'archivio digitale non sarà dedicato a studiosi e ricercatori, ma anche a un pubblico meno esperto, attraverso una expert room che accompagnerà una ricerca scientifica la cui durata è prevista in tre anni. La ricolorazione sarà assolutamente virtuale e sono state selezionate cento statue che la 'subiranno', alcune delle quali presentano ancora dei frammenti di colore che sono ottimi punti di partenza per lo studio condotto dall'archeologa Cristina Barandoni in collaborazione dell'Università di Taiwan.
