L'abusivismo, ecco i numeri choc che riguardano Napoli

Gli immobili da abbattente con sentenza passata in giudicato sono 3.353.

Napoli.  

di Claudio Mazzone

L’abusivismo edilizio torna a scadenza regolare nelle cronache locali e nazionali. Ogni qualvolta una calamità naturale colpisce un territorio o un gruppo di abusivi inscena una protesta contro le demolizioni la questione abusivismo riconquista uno spazio anche nel dibattito pubblico. In questi giorni con le questioni che vedono coinvolto il padre del Vicepremier Luigi Di Maio, proprio per problemi di immobili e costruzioni abusive, e con ciò che è successo oggi ai Camaldolilli a Napoli, con un uomo che ha provato a darsi fuoco per impedire lo sgombero della sua villetta abusiva, il tema è tornato dirompente sulle prime pagine.

In realtà l’abusivismo è una questione più larga e complicata delle questioni private del papà di Di Maio e si regge su un saldo ed efficiente legame tra il consenso pubblico, la politica, l’illegalità e la criminalità organizzata. 

I numeri del fenomeno son da capogiro se si pensa che l’abusivismo riguarda il 47,3% del patrimonio immobiliare del Mezzogiorno. La Campania è la maglia nera, infatti nella nostra regione la percentuale sale addirittura al 50,6%. La provincia partenopea include picchi di abusivismo che lasciano esterrefatti se si pensa che tra Torre del Greco e Massa Lubrense, gli immobili da abbattente con sentenza passata in giudicato sono 3.353. 

Il problema reale però è proprio l’abbattimento che, affidato ai comuni, non viene quasi mai effettuato e infatti, se a livello nazionale vengono abbattuti solo il 19,6% degli immobili colpiti da ordinanza di demolizione, in Campania si scende addirittura ad un misero 3%. 

Il problema delle demolizioni è ormai atavico e se si pensa a ciò che è accaduto ai Camaldolilli, una vera e propria ribellione con contusi e tentativi maldestri di suicidio, si capisce quanto sia impopolare per un sindaco procedere in tal senso.

Per decenni a dominare è stato il tentativo di far passare l’abusivismo come una questione di necessità, come un tentativo disperato di chi, non riuscendo a sostenere i costi di una casa e non avendo la possibilità di vedersi assegnato un’alloggio popolare, si costruiva la sua casa per una mera questione di bisogno.

Purtroppo nulla ha a che fare questo fenomeno con la crisi abitativa e con l’impossibilità dei più deboli di riuscire a vedersi garantito il proprio diritto all’abitare. In realtà dietro la costruzione abusiva di case si muove un intero mercato fiorente, fatto di ditte che costruiscono, che vendono materiali di pregio, che realizzano costruzioni di seconde case o di immobili che superano le dimensioni degli appartamenti della maggior parte delle famiglie del ceto medio, spesso in luoghi suggestivi come parchi, coste e addirittura pendici del Vesuvio. In questo mercato lavorano tanti tecnici specializzati e investono molti professionisti e molti imprenditori che sono lontano anni luce dalla rappresentazione di quella schiera di ultimi che spesso viene raccontata.

Il fenomeno dell’abusivismo edilizio a Napoli, ha segnato la storia civile, urbanistica e sociale della città, interi quartieri cittadini sono nati, cresciuti e si sono consolidati nell’abusivismo più totale, basti pensare che sono più di 20mila le istanze di condono ancora inevase dal Comune di Napoli, il che significa un numero superiore di cittadini che gode di un bene che si è procurato violando la legge in beffa a chi invece la rispetta. 

Davanti ad una tale mole le soluzioni sono difficili, costose e comportano tempi lunghi, alla politica il compito difficile di risolvere un problema che deve confrontarsi con una mentalità che da sempre ha visto nell’abusivismo una soluzione a tante istanze di un territorio che vive da sempre problematiche demografiche, di spazio e di legalità.