Congresso, come si schierano le truppe

Pronti gli schieramenti, ma resta la marginalità dei dati: il partito è all'11 per cento

Napoli.  

di Claudio Mazzone

Il Partito Democratico, ancora sotto shock a causa delle serie infinite di sconfitte inanellate in questi anni, prova a ripartire dal congresso nazionale e, mentre la direzione nazionale ha deciso di chiudere il tesseramento per evitare che si aprisse il mercato delle vacche, i militanti e i simpatizzanti democratici provano a raccapezzarsi in un processo che sembra davvero un rompicapo.

Innanzitutto bisogna segnalare che il primo passaggio per i candidati è la raccolte delle firme, ne servono, entro il 13 dicembre, 1500, rigorosamente di iscritti al Pd e di 5 regioni differenti che devono appartenere a tutte e tre le circoscrizioni elettorali delle europee.

Poi si passerà alla fase delle convenzioni, un momento tutto interno al partito, nel quale ad esprimersi, dal 26 al 29 gennaio, saranno solo gli iscritti. Dalle convenzioni usciranno i tre candidati che si sfideranno alle primarie aperte, alle quali potranno partecipare tutti pagando 2€. Naturalmente, nella migliore tradizione democratica, quella che complica i processi e rende ogni passaggio il più complicato possibile, dalle primarie non è detto che esca il segretario nazionale. Infatti viene eletto segretario chi supera il 50% dei voti, se nessuno raggiunge la soglia per essere letto, sarà la nuova Assemblea del Partito a votare un nome. Scenario che potrebbe davvero manifestarsi e che rappresenterebbe la capacità del Pd di perdere anche le proprie primarie.

Se le candidature non sono ancora ufficializzare e i vari candidati sono concentrati sulla raccolta firme e sulla chiusura degli ultimi accordi interni, i vari riferimenti locali, iniziano a preparare le truppe per la battaglia congressuale. 

In campo per ora ci sono 7 candidati, Nicola Zingaretti, Marco Minniti, Maurizio Martina, Francesco Boccia, Cesare Damiano, Dario Corallo e Maria Saladino, non è più in partita Richetti che ha preferito appoggiare Martina facendo un passo indietro. 

A livello nazionale i giochi sembrano essere chiusi con i vari leader che hanno già scelto il cavallo su cui puntare. Su Zingaretti confluisce l’Area Dem dell’ex-ministro Dario Franceschini che sperava di riuscire a portare su questa posizione le varie anime del governo Gentiloni, ma che con la discesa in campo di Minniti sembra essere entrato in difficoltà e per ora può godere solo dell’appoggio convinto dell’ex-premier. 

Al governatore del Lazio potevano guardare con interesse i fuoriusciti dal Pd bersaniano e i nostalgi dei DS ma Minniti ha messo in difficolta anche questo mondo visto la sua provenienza storica. Sembra essersi riproposta l’infinita sfida Veltroni-D’Alema in versione post-renzina. 

Su Minniti è confluito il variegato mondo renziano, tra amministratori locali, governatori regionali, deputati e senatori, diffusi su tutto il territorio nazionale.

Su Martina è invece andato quel mondo renziano insoddisfatto e che non accetta Minniti come leader, come Matteo Orfini ma anche Richetti d Graziano Delrio, una candidatura che prova ad essere generazionale ma che vanifica la novità presentando segretario uscente che lascia un sapore di passato su questa componente congressuale. 

In realtà dei sette candidati quasi sicuramente sono questi i tre nomi che ci ritroveremo sulle schede delle primarie di marzo e su questi nomi hanno incominciato a riposizionare le proprie truppe, o quel che ne resta dopo le batoste elettorali recenti. 

Marco Minniti sembra il candidato che ha più supporters tra i “notabili” dem campani che sull’ex-ministro dell’Interno si sono già espressi e schierati. A partire dal governatore Vincenzo De Luca e dal variegato e frastagliato mondo renziano napoletano, che va dal Consigliere regionale Mario Casillo per arrivare al’onorevole Gennaro Migliore passando per il deputato Lello Topo di Giugliano. Un gruppo che se misurato in consenso personale e preferenze ha dimostrato di essere capace di decidere le sorti del partito a livello locale, certo un po’ meno spendibile a livello di voto di opinione.

Per Nicola Zingaretti si sono già schierati mesi fa i franceschiniani di Area Dem guidati a Napoli da Teresa Armato, la componete che fa riferimento ad Andrea Orlando guidata da Marco Sarracino, il mondo che fa riferimento al consigliere regionale della sinistra del Pd Gianluca Daniele e anche Nicola Oddati che, tornato alla politica attiva un anno fa come candidato a quel congresso provinciale di Napoli che ha generato polemiche e rotture, ora si rilancia anche sul piano nazionale. 

Con Maurizio Martina a Napoli si sono schierati naturalmente Antonio Marciano, consigliere regionale del Pd, proveniente dal mondo bassoliniano e ormai storico riferimento dell’ex-segretario nazionale in Campania. Ad affiancare Marciano ci sarà sicuramente la consigliera regionale Enza Amato che può godere di un largo appoggio elettorale ereditato direttamente dal padre Tonino, e che ha tra i suoi riferimenti locali Aniello Esposito, capogruppo del Pd in consiglio comunale a Napoli, ma anche i giovani di Harambee, vicinissimi a Richetti, guidati a Napoli dal consigliere comunale Federico Arienzo. 

In una realtà politica come Napoli e provincia, nella quale il Partito Democratico diventa sempre più marginale elettoralmente, visti i risultati ottenuti nelle comunali del 2016, un deludente 11,6%, e ripetuti e peggiorati nelle elezioni nazionali che hanno visto il Pd non raggiungere neanche il 9% in collegi come quello di Giugliano, il Partito Democratico sembra avere più riferimenti, aree e componenti che voti.