Inchiesta Romeo, l'ex manager del Cardarelli: "Sono sereno"

La procura di Napoli chiude le indagini, 56 indagati, tra cui Verdoliva, Caldoro e Caldarera

La vicenda dell'appalto delle pulizie al Cardarelli diede il via alla maxi inchiesta Consip che ha scosso la politica nazionale e l'arma dei carabinieri

Napoli.  

Tre anni dopo il caso Consip, chiuso il fascicolo della maxi inchiesta sugli appalti nella pubblica amminstrazione. 56 gli indagati a rischio processo a cui sono stati notificati gli atti di conclusione indagine dalla procura di Napoli.

Tra gli imputati anche Ciro Verdoliva, ex manager del Cardarelli, per la vicenda dell'appalto per la pulizia vinto da una ditta del gruppo di Alfredo Romeo. L'attuale commissario straordinario dell'Asl Napoli 1 Centro è accusato di aver “coperto” gli interessi della ditta.

“Io sono assolutamente sereno – ha risposto oggi il commissario Verdoliva nel corso di un incontro con la stampa convocato presso la sede di via Comunale del Principe a Napoli - Io rispondo solo alla mia coscienza e aspetto fiducioso gli esiti del procedimento, che sarà probabilmente ancora lungo. Sono fiducioso rispetto a quello che non ho fatto e rispetto al giudizio finale, sono veramente molto sereno” ha ribadito il commissario.

Verdoliva dovrà difendersi anche dall'accusa aver rivelato di atti coperti dal segreto investigativo. Il manager era finito due anni fa agli arresti domiciliari per alcuni giorni, salvo ottenere la revoca della misura cautelare dallo stesso gip che l’aveva firmata. La Procura sostiene che in qualità di direttore del Cardarelli, Verdoliva non avrebbe dato seguito ad alcune segnalazioni sul lavoro della ditta di pulizia riconducibile a Romeo, fino a segnalare di volta in volta ai manager privati l’arrivo di verifiche da parte dei carabinieri e di altre forze di polizia giudiziaria.

Rischia il processo anche l’ex governatore della Campania Stefano Caldoro. Difeso dai penalisti Fabio Carbonelli e Alfonso Furgiuele, Caldoro ha visto cadere la più grave accusa di corruzione, mentre dovrà difendersi dall’ipotesi di traffico di influenze. Per gli inquirenti, Caldoro sarebbe intervenuto presso Natale Lo Castro, direttore amministrativo dell’azienda ospedaliera Federico II di Napoli, in cambio di «un finanziamento di dieci borse di studio destinato a un centro che lo stesso Caldoro aveva intenzione di fondare».

Sempre secondo le accuse Caldoro si sarebbe fatto promettere «l’instaurazione di un rapporto di collaborazione tra la Romeo gestioni spa e la Lavin lavanderie industriali, amministrata dal cognato, altra società operante in ambito ospedaliero». «Nulla di nuovo rispetto alle notizie diffuse 16 mesi fa – ha replicato l'ex presidente della Regione in quota Forza Italia - Dimostreremo, mediante la documentazione in nostro possesso, che non vi è stato nulla di penalmente rilevante».

Tra gli altri indagati anche Emanuele Caldarera, ex direttore dell’ufficio speciale del Ministero della giustizia accusato di aver ottenuto l’assunzione di una parente in cambio di un trattamento di favore al gruppo Romeo. A firmare l’avviso di conclusione delle indagini i pm Celeste Carrano, Francesco Raffaele e Henry John Woodcock. Come si ricorderà proprio dal caso dell'appalto delle pulizie al Cardarelli, l’inchiesta deviò su Alfredo Romeo, fino al caso Consip che ha minato alle fondamenta la politica nazionale. Dalle intercettazioni dei dialoghi tra Romeo e il suo superconsulente Italo Bocchino, si è arrivati infatti al famoso “giglio magico”, con l’inchiesta romana che ha investito Luca Lotti, Tiziano Renzi, padre dell'ex presidente del Consiglio Matteo, su presunti accordi sospetti all’ombra della Consip. 

Secondo la Cassazione, inoltre, nell'indagine Consip, i carabinieri (il riferimento e' al maggiore Scafarto, ora assessore a Castellammare di Stabia, ndr) svolsero il proprio lavoro "con imbarazzante approssimazione".
La considerazione riguarda l'attribuzione di una frase su un incontro avvenuto con Tiziano Renzi all'imprenditore Alfredo Romeo e non all'ex parlamentare Italo Bocchino. Il passaggio si ritrova nelle motivazioni della sentenza con la quale la Quinta Sezione Penale ha rigettato il ricorso della Procura contro la decisione di annullare l'interdizione di Scafarto.