Il Pd Campano riparte senza donne e con faide interne

Polemiche sulla nomina del Presidente Landolfi e sull'ufficio di presidenza quote rosa dimenticate

Napoli.  

Con l’introduzione del segretario Leo Annunziata e gli interventi di Armida Filippelli e Umberto Basso de Caro, i due sfidanti alle primarie, il Pd campano sembrava davvero pronto a ripartire e a lasciarsi alle spalle anni di conflitti intestini e guerre interne. 
Purtroppo però la spinta della novità di Annunziata si è spenta con la prima nomina dell’era del nuovo segretario, quella del Presidente regionale, nomina che l’assemblea vota su proposta del segretario. Quando Annunziata si è avvicinato al leggio sul palco e ha fatto il nome di Nicola Landolfi per il ruolo di Presidente regionale la sala ha mugugnato e i delegati hanno iniziato ad agitarsi. 
Landolfi è l’ex-segretario provinciale di Salerno ed è uno degli uomini più vicini al Governatore. De Luca non era in sala ma la sua presenza aleggiava e si faceva sentire nell’Assemblea. È stato lui a muovere i fili di uno spettacolo con copione già scritto che è andato in scena al Pierrot di Ponticelli.
Landolfi però, come hanno fatto notare le opposizioni, non è neanche membro dell’Assemblea che dovrebbe presiedere e la questione assunto toni imbarazzanti per tutti. Come se non bastasse a peggiorare le cose ci ha pensato proprio il nuovo Presidente che appena insediato, senza perdere neanche un secondo, in convenevoli, ringraziamenti o ragionamenti politici, ha proposto la nomina di un ufficio di presidenza composta da 4 persone. Fin qui, nonostante questo organo non esista neanche per il nazione ed è chiaramente un tentativo di assegnare l’ennesimo contentino a qualcuno, niente di eclatante se non fosse che quando Landolfi ha letto i nomi dei componenti di questo ufficio ci si è accorti che erano tutti uomini. Giorgio Zinno, Alfonso Andria, Umberto de Gregorio e Francesco Zafrandino. Il Pd, il partito delle quote rosa che non nomina neanche una donna negli organismi dirigenti è una cosa che fa saltare le democratiche sulle poltrone. Le donne in sala in maniera trasversale si sono agitate e hanno gridato insulti nei confronti della presidenza. Landolfi, a questo punto, ha iniziato a capire che qualcosa non tornava ma al posto di aggiustare il tiro ha infilato una gaffes dietro l’altra peggiorando la sua situazione. 
In realtà i 4 nomi hanno lasciato di stucco tutti riferimenti, soprattuto i consiglieri regionali che dopo giorni di riunioni per organizzare le divisioni con un nuovo metodo Cencelli dal sapore salernitano, erano rimasti all’oscuro di queste nomine. 
Dopo alcune trattative è stata la Presidente del consiglio regionale Rosetta D’Amelio a salire sul palco per difendere l’elezione di Landolfi a Presidente, assicurando che non è stata fatta in violazione dello statuto e per annunciare che è stata trovata una quadra per un passo indietro di due uomini che saranno sostituiti con due donne. Sono entrati quindi in questo ufficio di presidenza, Roberta Santaniello e Paolo Veirano, grazie al passo indietro fatto da Giorgio Zinno e Umberto De Gregorio.

Da questo momento in poi è tutto un’attesa dei nomi della Direzione Regionale, organo principale del Partito. L’Assemblea non segue un dibattito vero e si trasforma in una mera proiezione di giochi, spartizioni e trattative che si fanno altrove. Dopo qualche ora i nomi della direzione non arrivano, eppure sono settimane che si sta lavorando per trovare una quadra. A mancare sono proprio quelli della maggioranza che ha eletto Leo Annunziata. A questa compagine ne spetterebbero 47 su 80, ben 13 dovrebbero andare a Salerno, una ventina a Napoli e il resto da dividere tra Caserta, Avellino e Benevento. Nell’estenuante e sfiancante attesa, il Presidente Landolfi prova a rimandare il voto della direzione all’assemblea successiva e mentre lo sta annunciando ai 225 delegati, dal loggione del teatro si alza una voce “no, no che rimandiamo, abbiamo quasi finito”. La voce è quello di Stefano Graziano, l’ex-presidente che proprio nel loggione è intento a chiudere una delle tante trattative della maggioranza.
Fino alle 22 è tutta una guerra interna alla maggioranza che tra De Luchiani, Casilliani, Topiani, e pezzi di tutto il mondo che al congresso regionale si è raggruppato su Annunziata. UN mando vasto, variegato ed eterogeneo. Un mondo con troppi pochi spazi per troppe ambizioni.
Alla fine il PD regionale riuscirà ad eleggere la sua direzione solo alle 22:20. Un elenco di nomi frutto di una trattativa continua che nulla ha a che fare con la politica. Ad ogni nome corrisponde un’appartenenza ad un gruppo, ad sottogruppo, ad un riferimento locale e ad un’ambizione elettorale.

Quella di oggi è stata la prima uscita di Annunziata. Una prima uscita che purtroppo ha dimostrato quanto, in un Pd come questo, a decidere non siano certo né le primarie, né le idee, né tanto meno i congressi. I giochi, le spartizioni e le divisioni delle ossa rimaste di un Partito Democratico deflagrato e a pezzi, si fanno altrove, seguono altre logiche e sono decise da altre mani, che non sono affatto quelle dei suoi elettori, dei suoi militanti e neanche dei suoi dirigenti. 
Il teatro Pierrot si svuota e Ponticelli neanche si è accorta di cosa accadeva in sala e forse per il Pd campano è meglio così. Il Pierrot si svuota proprio come il Pd, poco alla volta, alla spicciolata, a rimanere sono o i più resistenti o i più fedeli.