di Luciano Trapanese
I rapporti tra mafia e camorra non sono mai stati stretti. Anzi. Troppo anarchica la mala napoletana per essere ammessa a discutere con la cupola di Cosa Nostra. Le cosche hanno sempre ritenuto i clan campani gente di secondo livello. Eccetto qualche “famiglia”, come i Nuvoletta e i Bardellino. Gli unici a essere ascoltati e fare affari con i Corleonesi. E in particolare Totò Riina.
Eppure, c'è un episodio raccontato dal giornalista Giorgio Mottola nel suo libro “Camorra Nostra”, che lascia intendere qualcosa di diverso. Addirittura una sudditanza della mafia alla malavita campana. O meglio a un personaggio, Raffaele Cutolo. Un episodio, diciamolo subito, che sarebbe stato raccontato dallo stesso boss di Ottaviano, ma è stato seccamente smentito. Da testimoni, e da chi conosceva bene Riina, uno dei più sanguinari boss dei boss di Cosa Nostra (ma chiariamo: in quanto a ferocia anche il “professore” non scherzava, anzi).
L'incontro tra i due – nel racconto di Mottola – sarebbe avvenuto alla fine degli anni '70. I Nuvoletta propongono a Cutolo di affiliarsi alla mafia. C'era anche Riina. Il faccia a faccia a Napoli.
Il boss di Ottaviano si tira indietro all'ultimo istante. Cosa inaudita per un mafioso. Il corleonese allora estrae la pistola e la punta alla testa del capo della Nco, che non fa una piega. Fissa Riina e gli dice: o spari o ti piscio sulla pistola. Passano secondi interminabili. Il siciliano rimette a posto l'arma. La tensione sembra evaporare, lentamente. Ma a questo punto – così narra Mottola -, Cutolo si avvicina a Riina, abbassa la patta dei pantaloni e piscia sulle scarpe del famigerato capo di Cosa Nostra.
Ora, certo Cutolo non era un criminale qualsiasi. In quegli anni stava già immaginando l'impensabile: unire sotto un unico comando la camorra. Impresa mai riuscita a nessuno. E soprattutto a chi, dalla periferia (i paesi Vesuviani, la camorra dei cafoni), si era messo in testa di sottomettere i clan napoletani, a cominciare dai potentissimi – all'epoca – Giuliano, i re di Forcella. Ma non solo. Il boss di Ottaviano iniziava a vantare un esercito di fedelissimi, costruito nei lunghi anni passati in cella, stava mettendo in piedi una sorta di welfare per i suoi affiliati, e contava su rapporti stretti anche con i servizi segreti. Ma da qui a pisciare sulle scarpe del capo dei capi e uscirne vivo...
Lo conferma un testimone di quel “confronto”, Franco Di Carlo. Non uno qualsiasi. Mafioso, oggi collaboratore di giustizia, vicino a Riina (che gli diceva: «Carlo ha braccia e grande cervello»), trafficante di droga e accusato dell'omicidio di Roberto Calvi. «Nessun appartenente a Cosa Nostra – ha dichiarato -, fossero capi o soldati semplici, ha mai preso una pistola se non per uccidere. Immaginare Riina estrarre una rivoltella e minacciare Cutolo, e lo stesso Cutolo orinare sulle scarpe del capo dei capi, è da dementi».
Poi ha aggiunto: «Raffaele Cutolo sarebbe morto in quel preciso istante, e si sarebbero risparmiate almeno mille vittime, i morti della guerra di Camorra, dal 1980 al 1982, che la follia criminale di Cutolo aveva scatenato. Il capo della Nco voleva fondare un’associazione simile a Cosa Nostra. Quasi 500 cutoliani furono uccisi dal mio figlioccio Antonio Bardellino, fondatore della Nuova Famiglia, nata per contrastare l’ascesa del demente di Ottaviano».
Racconta di quell'incontro: «Conobbi Raffaele Cutolo due giorni dopo la sua evasione dal manicomio criminale di Aversa. Si era rifugiato presso i fratelli Nuvoletta a Marano e lì incontrò una sola volta Totò Riina. Accompagnai in macchina da Palermo il boss corleonese e ci trattenemmo presso la proprietà dei Nuvoletta per due giorni. Ad un pranzo ricordo la presenza di Cutolo, che non conoscevamo. Angelo Nuvoletta ci chiese il permesso di invitarlo come ospite. Bene, questo fu l’unico incontro che il boss della Nco ebbe con me e con Salvatore Riina. A tavola non si discusse di affari tra Cutolo e Cosa Nostra, anche perché il camorrista era entità estranea a tutti noi. Prima che Riina ed io partissimo, Angelo e Lorenzo Nuvoletta, ci domandarono cosa pensassimo di questo personaggio e se fosse possibile inserirlo nella nostra organizzazione. Riina rispose che era affare loro valutare se Raffaele Cutolo possedesse le qualità morali, familiari e l’onorabilità necessaria per entrare in Cosa Nostra».
«Dopo pochissimo tempo Bernardo Brusca, mi raccontò cosa accade in seguito a Marano. I fratelli Nuvoletta volevano affiliare in Cosa Nostra Raffaele Cutolo, nell'occasione era presente Michele Greco. Nella cerimonia di affiliazione veniva spiegata l’essenza e l’organizzazione della mafia, il futuro capo della Nco rifiutò. I presenti rimasero sbalorditi: le conseguenze di quel rifiuto erano chiare a tutti. Nessuno poteva essere a conoscenza dei segreti di Cosa Nostra, senza farne parte: Cutolo doveva essere ucciso. I fratelli Nuvoletta si fecero garanti per il camorrista, assicurando che lo avrebbero persuaso in un secondo tempo. Totò Riina, saputo l’accaduto, andò su tutte le furie, “Come mai non è stato ucciso all’istante?”, però grazie ai Nuvoletta tutto venne appianato senza omicidi».
Due versioni profondamente diverse di un unico incontro. Due personaggi che hanno causato migliaia di morti (come non ricordare i duemila morti attribuiti a Riina). E che hanno segnato di sangue e dolore la storia recente del nostro Paese.
Ora Totò Riina è morto. E Cutolo è da più di 30 anni al 41 bis. Il carcere duro è un'altra cosa che avevano in comune.