La fuga dei malati campani che arricchisce il Nord

La sanità Lombarda sarebbe in deficit senza i nostri soldi. I costi delle cure nel settentrione.

In Campania è piena emergenza sanitaria. Livelli di assistenza bassissimi. I dati impietosi e una forbice che si allarga. Un paziente su quattro non può curarsi: non ha soldi. Il dramma degli anziani.

di Luciano Trapanese

La tanto decantata sanità lombarda sarebbe in deficit senza i soldi intascati dalle migrazioni sanitarie. Soprattutto dalla Campania. E cioè da una delle regioni italiane dove il diritto alla salute è stato messo in discussione dai tagli lineari che hanno di fatto radicalmente ridotto i servizi e il numero di ospedali, generando liste d'attesa sempre più lunghe. Il risultato è stato scontato: tanti pazienti – quelli che potevano - si sono rivolti a strutture private o, appunto, cercato cure altrove. In Lombardia, naturalmente. Ma anche in Veneto o in Emilia Romagna. Chi non aveva risorse economiche si è arrangiato. O peggio: ha evitato di curarsi. E non sono pochi: per il Censis un campano su quattro è stato costretto a rinunciare.

Il dato nazionale è impressionante: 13 milioni di italiani sono stati costretti a ridurre drasticamente il tenore di vita per far fronte alle spese sanitarie di tasca propria. Quasi otto milioni hanno prosciugato i risparmi o si sono indebitati con parenti, amici o banche. Altri due milioni sono entrati nell'area grigia della povertà assoluta. E' chiaro che il dato è molto più rilevante al sud. Ed è un dato che sarà destinato a peggiorare.

«La spesa sanitaria privata – ha dichiarato Marco Vecchietti, consigliere delegato di Rbm Assicurazione salute -, oggi pesa per circa 580 euro pro-capite. Nei prossimi dieci anni è destinata a raggiungere i mille euro. Bisogna prendere atto – ha aggiunto – che oggi abbiamo un universalismo sanitario di facciata che è solo fonte di disuguaglianze sociali».

I problemi sono soprattutto per le famiglie a basso reddito. Il 74,5 per cento delle persone di questa fascia ha incontrato difficoltà economiche (ma anche il 15,6 di quelle benestanti). L'analisi geografica è impietosa per il Meridione. La cure mediche hanno messo in ginocchio il 21,8 per cento di pazienti al Nord, il 35,2 al Centro e il 53,8 al Sud.

Le difficoltà più gravi hanno riguardato le famiglie (51,4 per cento), che convivono una persona non autosufficiente. E quelle che risiedono in zone disagiate (come le aree interne della Campania). Ma non solo. Più si invecchia e più bisogna spendere con i propri soldi. E l'invecchiamento della popolazione campana è una delle questioni centrali per questa regione. La Campania – anche come aspettative di vita – è relegata alle ultime posizioni dell'Unione Europea (dati Istat). Il motivo è da ricercarsi anche in un incremento importante dei tumori. E non solo nella Terra dei Fuochi. Le indagini epidemiologiche confermano che anche per altre patologie nella nostra regione si muore più che altrove. Siamo in piena emergenza sanitaria. Il “contenimento” della spesa (tagli su tagli), ha di fatto peggiorato una situazione già grave.

Ogni anno i costi della mobilità pesano sulle casse del servizio sanitario campano per più di 300 milioni (250 dei quali destinati alla sola Lombardia). In particolare per specialità come oncologia, cardiochirurgia e malattie rare. Eppure – questo è il paradosso – proprio in questi settori non mancano in Campania i centri di eccellenza.

«Ma non sono valorizzati», come ha più volte sottolineato Bruno Zuccarelli segretario Anaao Campania. Ci sono strutture altamente specializzate, ma restano aperte dodici ore e non ventiquattro.

Certo, la sanità campana era un buco nero di sprechi. In gran parte ereditati da una gestione politica sconsiderata, ospedali aperti in ogni dove al solo scopo di promuovere primari e favorire clientele. Laboratori d'analisi fantasma che intascavano milioni di euro. E via sprecando.

Ma la cura si è rivelata peggiore del male. Soprattutto per i cittadini. Che non hanno giovato degli anni di allegra gestione economica (il servizio non è mai decollato), e ora soffrono per la riduzione dei servizi che mette seriamente in discussione il diritto alla salute.

Il commissariamento – imposto nel 2009 – aveva la funzione di rimettere i conti a posto. Una questione puramente economica. Che si è risolta con i tagli, appunto, e una drastica riduzione del personale. Mancano all'appello mille e ottocento infermieri. Si parla di sblocco del turn over per assumere mille e duecento medici. Bene, direte. Macché. Ne sarebbero necessari diecimila.

I tagli hanno lasciato senza presidi ospedalieri tante zone, anche interne. E non è mai partita quella rete dell'emergenza che avrebbe dovuto sostituire i “costosi” ospedali.

Ma torniamo alla migrazione sanitaria.

Il 54 per cento dei Campani che intraprende i “viaggi della speranza” lo fa in direzione di poli ospedalieri altamente specializzati. Un altro 21 per cento parte perché le liste d'attesa sono troppo lunghe. Le conseguenze economiche – soprattutto per i malati oncologici – sono rilevantissime. E investono anche chi li assiste (pensiamo ai genitori di bimbi malati di leucemie, cancro o malattie rare). Nel caso di pazienti oncologici le spese annuali sostenute sono circa di settemila euro l'anno per costi diretti (visite, farmaci, infermieri privati e viaggi), e mediamente un malato perde, da mancati guadagni, circa 10mila euro l'anno, 6mila il familiare che l'accompagna. Accompagnatore che nel 70 per cento dei casi ha avuto problemi con l'attività lavorativa e in alcuni casi (il due per cento), viene anche licenziato.

Inutile aggiungere: i numeri sono drammatici. E purtroppo destinati a peggiorare. La migrazione sanitaria impoverisce la sanità della regione che la subisce a vantaggio di altre che già hanno a disposizione più fondi e migliori strutture, allargando a dismisura la forbice. A pagarne le conseguenze sono i cittadini campani (e del Sud). E soprattutto le fasce più deboli.