Giuseppe Moscati, il medico Santo e i suoi anni "Incurabili"

Non tutti lo sanno, ma la famiglia Moscati era originaria di Santa Lucia di Serino

Era il 12 aprile 1927 quando il “medico dei poveri” Giuseppe Moscati morì, a soli 47 anni, nella sua casa di Napoli. Conosciuto e amato in vita, la santità di Moscati venne riconosciuta a furor di popolo ancor prima che la Chiesa la ufficializzasse.

Avellino.  

Morì a 47 anni San Giuseppe Moscati. Il 12 aprile 1927, giorno della sua morte, fu ancora giorno di visita. Tre anni dopo, le sue spoglie vennero tu­mulate nella chiesa del Gesù Nuovo in Napoli. Luoghi di fede e scoperta di una delle figure più amate, venerate e importanti del nostro tempo.

Nacque a Benevento don Peppino, ma ben presto fu "adottato" dalla città di Napoli. Lui, San Giuseppe Moscati, il Santo in Camice bianco visitava fino a duecento persone. Non si fermava mai don Peppino, era instancabile la sua opera a servizio degli infermi, senza mai chiedere la parcella ai poveri. E mentre sanava i corpi, allo stesso tempo curava amorevolmente le anime. La sua figura viene raccontata in due tappe fondamentali nella città di Napoli. Una nel complesso degli Incurabili, sulla Collina Sacra della città a Caponapoli. L’altra nella chiesa del Gesù Nuovo dove c’è la sua tomba e i suoi ambienti di casa. In una ala della imponente e bellissima chiesa di Napoli, custoditi in un sacro sacello ci sono la camera da letto del Santo, la poltrona dove morì, la sua libreria personale e il suo studio. Una tappa di fede e amore per milioni di pellegrini che si affidano al Santo chiedendo grazia e misericordia.

Per le visite in casa, l'onorario era regolato da un cestino con una scritta: Chi può metta qualcosa, chi ha bisogno prenda. Quando il malato è lontano e povero, è lui stesso che gli porta anche denaro. «Come porta l'aiuto spirituale durante le cure e do­po, come si preoccupa di raddrizzare esistenze, di orienta­re i confusi - spiega il professore Rispoli, direttore del Museo delle Arti Sanitarie -. Qui nel Museo abbiamo raccolta una serie ricchissima di suoi strumenti, ricette e studi. Era una mente illuminata che curava il corpo e l’anima del malato. Una figura straordinaria che non finisce di stupirci per la sua grandezza». Una delle immagini che meglio raccontano la grandezza del Medico Santo sono quel segno della Croce che si faceva sempre, prima di effettuare una autopsia. Poi tagliava, apriva, esaminava perseguendo i progressi della scienza.

Un gesto consueto per Giuseppe Moscati, il medico italiano nostro contemporaneo, il laico proclama­to santo da Giovanni Paolo II il 25 ottobre 1987. Nacque nel 1880, settimo dei nove figli di un magistrato, Giuseppe seguì i trasferimenti del padre da Benevento ad Ancona e poi a Napoli, dove nel 1903 conseguì la laurea a pieni voti in medicina. Lavorò dapprima agli Ospedali Riuniti, poi a quello di Santa Maria del Popolo, detto degli "Incurabili", nel quale diventò primario per esami nel 1911. 

Si succedettero per lui gli incarichi di responsabilità: cura degli infermi, direzione della ricerca, insegnamento. Un ricco curriculum medico, accanto al quale non ce n'è un al­tro speciale e distinto: un curriculum da santo

A un giovane medico scrisse: «Non la­scerete di coltivare e rivedere ogni giorno le vostre cono­scenze. Il progresso sta in una continua critica di quanto apprendiamo». E lui non "lascia di coltivare" anche la pro­pria formazione culturale cristiana, di pari passo con quel­la scientifica.

Il professor Giuseppe Moscati e i suoi anni agli “Incurabili”, una leggenda in camice bianco, il medico prima del santo. Nel complesso, ora chiuso per i crolli che stanno minando l’intero stabile, c’è uno spazio dedicato all’esperienza medico-scientifica del futuro santo e il suo rapporto con il positivismo. Il percorso espositivo – allestito con il sostegno dell’Ordine dei Medici chirurghi ed odontoiatri e di Napoli – raccoglie oggetti e testimonianze dei suoi anni nella storica struttura sanitaria di Caponapoli, comprese alcune foto inedite, strumenti medici, oggetti di uso comune e diverse ricette autografe di grande interesse scientifico e culturale. In mostra anche la bella statua della Madonna delle Grazie che Moscati aveva fatto sistemare in un piccolo altare posto all’ingresso del reparto, scultura miracolosamente sopravvissuta al bombardamento dell’ospedale durante la Seconda guerra mondiale e in seguito incredibilmente ritrovata intatta tra le tonnellate di macerie scivolate a valle sino a via Foria.

Il santo polacco nell’omelia disse: Giuseppe Moscati visse i suoi molteplici compiti con tutto l’impegno e la serietà che l’esercizio di queste delicate professioni laicali richiede. Il Moscati costituisce un esempio non soltanto da ammirare, ma da imitare, anche per chi non condivide la sua fede. Il dolore di chi è malato giungeva a lui come il grido di un fratello a cui un altro fratello, il medico, doveva accorrere con l’ardore dell’amore”. San Giuseppe Moscati è venerato in diverse parti d’Italia e d’Europa, ma è sempre stata la Campania la terra a lui più strettamente legata.

Noto è il suo rapporto con Napoli, dove ha vissuto, con Benevento, dove è nato, ma non va dimenticato il suo rapporto con l’Irpinia. Non tutti lo sanno, ma la famiglia Moscati era originaria di Santa Lucia di Serino, comune poi laciato quando papà Francesco (noto giudice) venne trasferito prima a Benevento e poi a Napoli. La figura del Moscati è legata all’Irpinia anche per il primo miracolo riconosciuto dalla Chiesa nell’iter che lo ha poi portato agli onori degli altari. La storia che si incrocia con quella del “medico santo” è quella di Costantino Nazzaro, maresciallo degli agenti di custodia di Avellino, che nel 1923 si ammalò del morbo di Addison.

Per lui non c’erano speranze e la terapia prescritta era utile solo a prolungargli la vita, ma senza possibilità di guarire. Costantino, molto credente, nel 1954 si recò sulla tomba del Moscati, al Gesù Nuovo di Napoli: si recò lì per pregare ogni 15 giorni per quattro mesi. Poi, l’imponderabile: il maresciallo, in una notte calda d’estate, sognò di essere operato da Giuseppe Moscati che gli sostituì la parte atrofizzata con tessuti sani, raccomandandogli di non prendere ulteriori medicinali. Al mattino il Nazzaro era inspiegabilmente guarito, con grande stupore dei medici che lo seguivano.