Tumore al pancreas: l'avellinese Perelli scopre il motore dell'aggressività

Luigi Perelli è il primo firmatario della ricerca su una delle neoplasie più difficili da trattare

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Un passo avanti nella ricerca su un una malattia di cui si è parlato molto in questi giorni, dopo la morte dell’attrice Eleonora Giorgi. La ricerca sulle cellule tumorali 'cattive' nelle prime fasi

Avellino.  

E' avellinese il primo firmatario di una importante ricerca sulla cura e diagnosi del tumore al Pancreas. Il 32enne Luigi Perelli (nella foto, ndr), ricercatore dell'Md Anderson Cancer Center di Huston,  da anni è impegnato negli States nell'importante ricerca, che ha individuato la trasformazione delle cellule tumorali della neoplasia, tra le più difficili da trattare. Messo a segno, grazie allo studio, un importante  passo avanti nella ricerca sul tumore pancreas, una malattia di cui si è parlato molto in questi giorni, dopo la morte dell’attrice Eleonora Giorgi. La ricerca si concentra sulle cellule tumorali 'cattive' nelle prime fasi. 

L'origine dell'aggressività della neoplasia

All’origine dell’aggressività del tumore del pancreas c’è una particolare trasformazione a cui vanno incontro le cellule pancreatiche, che le rende, fin dalle fasi precoci della malattia, capaci di dare luogo a metastasi e di resistere alla terapia. È quanto hanno scoperto ricercatori dell’MD Anderson Cancer Center di Houston, coordinati da Giannicola Genovese, in uno studio pubblicato su Nature.

Il tumore, le metastasi, le cure

  “Il tumore del pancreas è molto aggressivo, metastatizza subito ed è molto difficile da curare”, spiega il primo firmatario della ricerca, Luigi Perelli. “Da oltre un decennio la ricerca studia un particolare tipo di cellule che si osservano in diversi tumori nelle fasi avanzate di malattia: sono definite ‘cellule tumorali con caratteristiche mesenchimali’ e sono il risultato di una trasformazione delle cellule epiteliali, quelle che rivestono la superficie degli organi, che diventano più mobili e invasive”. Questa trasformazione è definita ‘transizione da epiteliale a mesenchimale’ e finora non era chiaro se fornisca o meno vantaggi al tumore. “Nel nuovo studio abbiamo scoperto che, non solo è importante, ma nel caso del tumore del pancreas svolge un ruolo chiave nella sua aggressività”, precisa il dottore Perelli. 

Il ricercatore Avellinese Perelli, lo studio la formazione e la ricerca negli States

Il dottore Perelli, da anni ricercatore in America si è diplomato nel 2011 al liceo Classico Convitto Nazionale Pietro Colletta del corso Vittorio Emanuele. Dopo essersi laureato alla università Cattolica di Roma è volato oltreoceano diventando ricercatore presso Md Anderson Cancer Center di Houston. Da anni Perelli porta avanti l'importante studio con altri dottori. Qui ad Avellino seguono con immenso affetto i suoi successi i genitori Mariolina Lepore e papà Mario, con la sorella Mariangela. Amici e parenti hanno visto il dottore Perelli affrontare grandi sfide e sacrifici nel tempo, per portare avanti il suo lavoro, lontano da casa e dai suoi affetti.
 

Il funzionamento delle cellule malate: la transizione da epiteliale a mesenchimale

La ricerca suu modelli di laboratorio geneticamente modificati, ha dimostrato che trasformazione indivuata è fondamentale per la formazione di metastasi e per la resistenza alle terapie. La ‘transizione da epiteliale a mesenchimale’, infatti, ha diverse conseguenze: da una parte dà vita a cellule tumorali con maggiore capacità di diffusione, dall’altra genera anche una maggiore instabilità del genoma delle cellule tumorali, che si traduce in una maggiore eterogeneità delle cellule che compongono il tumore. Il risultato è una maggiore capacità del tumore adattarsi alle condizioni sfavorevoli e alle terapie. “Non solo: questa trasformazione, che in altri tumori avviene in fase avanzata, nel tumore del pancreas avviene quasi subito. Questo spiega l’estrema difficoltà di identificare un trattamento efficace per questo tumore”, aggiunge Perelli. "Il nostro lavoro è fondamentale per chiarire i modelli evolutivi alla base del comportamento clinico aggressivo del cancro pancreatico", commenta Genovese. "Questi risultati aggiungono un ulteriore livello alla nostra comprensione dell'eterogeneità tumorale e della complessità del microambiente del cancro, fornendo nuove informazioni cruciali per il trattamento di questa malattia così devastante”.  Inoltre, la scoperta potrebbe aprire la porta a nuovi trattamenti capaci colpire selettivamente le cellule con caratteristiche mesenchimali e privare così il tumore del suo principale motore. Allo studio hanno preso parte anche ricercatori dell’Irccs San Raffaele di Milano e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Fondazione Policlinico di Roma.