La politica ad Avellino? Roba da commedia degli equivoci. Lui l’ha fatta sindaca, ma ora si pente pure di averle insegnato il segnale col clacson. C’era una volta Gianluca Festa. Un uomo, un sindaco, un’idea fissa: “questa città sono io”. E in effetti lo era, con tanto di consiglieri al guinzaglio, selfie compulsivi e l’aria da capocomico a cui bastava uno schiocco di dita per far partire una delibera o una tarantella. Accanto a lui, Laura Nargi: l'ombra fidata, la vice perfetta, quella che prendeva appunti mentre lui decideva pure quanta acqua mettere nelle fontane. Poi qualcosa si è rotto. Anzi, s’è incrinato in silenzio, come il vetro quando non hai i soldi per cambiarlo e ci attacchi lo scotch.
Ora, Gianluca è diventato un fantasma con la memoria lunga. Non perdona. Non dimentica. E soprattutto non partecipa. Alla processione di Santa Rita, lui non c’era. Dice per non rubare la scena. Ma forse, più onestamente, perché quella scena è la stessa che lui aveva arredato, e vederla ora con un’altra protagonista deve essere come scoprire che la tua ex ha messo le tende nel tuo salotto. Con il tuo cane. E pure il telecomando.
Lei cammina avanti, lui la guarda dal balcone: una fa la sindaca, l’altro la vedova inconsolabile
Laura, invece, ha imparato in fretta. Ora ha la fascia, la rosa rossa in mano, la banda che la segue. Ma anche un plotone di consiglieri che ogni tanto scappa, si nasconde, si mette in malattia politica. Eppure va avanti. Con stile. O almeno ci prova. Perché la verità è che, mentre lei guida la processione, c’è sempre qualcuno che sussurra: “Ma che dice Gianluca di questo?” E lei, in fondo, lo sa. Lo sa che il fantasma è ancora lì. Dietro ogni voto, dietro ogni riunione mancata. Come l’ex che non ti scrive più, ma continua a guardare tutte le tue storie Instagram.
Al funerale di Franco D’Ercole si sono sfiorati a mezzo metro. Sembravano due comparse di un film francese: lui con lo sguardo altrove, lei che fingeva di non vederlo. Mancava solo la pioggia e un violino triste. Nemmeno un “ciao”, nemmeno un accenno di pace. Altro che Santa Rita: qui ci voleva un esorcismo istituzionale.
Il consiglio comunale come un cinepanettone: tutti assenti giustificati
E mentre loro si ignorano con cura sartoriale, i consiglieri ballano la rumba del “vediamo, forse, oggi no, magari domani”. Alla riunione per i fondi Prius — mica briciole — si presentano in quattro. Gli altri? Bloccati nel traffico, rapiti dagli alieni, intrappolati in un ascensore immaginario. La verità è che nessuno ha voglia di decidere da che parte stare. Perché scegliere significa perdere qualcosa: un assessore, un’amicizia, o peggio, un posticino in commissione.
Festa li guarda da lontano. Non muove un dito, ma ogni tanto qualcuno riceve un messaggino. Sembra una spy story, ma è solo Avellino. E se qualcuno lo chiama ancora “il capo”, non è per nostalgia: è per paura che torni. Perché uno come lui non sparisce davvero. Sta lì, come il debito fuori bilancio, come il mal di testa la domenica sera.
E nel frattempo, Avellino aspetta: un gesto, una tregua, o almeno un siparietto
A Santa Rita hanno chiesto il miracolo. Ma la santa, a quanto pare, ha alzato le mani. Anche lei ha capito che certi amori non tornano. E certi ex, se tornano, lo fanno solo per dire: “Te l’avevo detto”. Nel frattempo, la città aspetta. Un bilancio, una giunta, un’idea. Qualcosa che non sia una rissa da retrobottega. Perché questa è la politica avellinese, signore e signori: una soap opera senza sigla, dove le puntate si scrivono a colpi di assenze, silenzi e facce girate.
E ora scusate, ma pare che si stia organizzando un incontro segreto tra i due. Location ignota. Solo un altare, due microfoni e un parroco esperto di mediazioni. Magari no, meglio un terapista di coppia. Politica, ovviamente. Che avevate capito?
