Laura c'è, la giunta ancora no. O meglio c'è un pezzo, di cui se ne poteva anche fare a meno. Al di là dell'indiscusso valore delle persone chiamate a soccorrere una barca che sta affondando, si tratta di tre assessori che non aiutano a risolvere la crisi che sta ammorbando Piazza del Popolo e un'intera città, ormai ostaggio di beghe personali e ripicche senza senso.
Avellino avrebbe bisogno di un piano d'emergenza serio, su ben altro: periferie, abusivismo edilizio (Palazzi che con le loro balconate superano ogni limite o garage privati che - pensate - sbucano in uscita sui marciapiedi) , mobilità nel caos (la metro leggera? Bah) e parcheggi insufficienti, opere pubbliche da completare (va be il centro per l'autismo è ormai una barzelletta). Noi invece in questa fase così delicata a chi ci affidiamo?
A tre nuovi assessori che si occuperanno di cultura, transizione energetica e personale ma che ora si infilano in un vicolo cieco nel quale Laura Nargi li sta trascinando. Sarebbe più dignitoso ammettere il fallimento a un anno di distanza dalla sua elezione, prima donna sindaco della storia di Avellino.
Due giunte bruciate, fior di professionisti buggerati e presi per i fondelli con incarichi a tempo, poi è toccato agli interni che hanno preso i voti per vincere le elezioni e che ora si ritrovano a spasso. I conti non tornano. Nargi sta tirando la corda, ha messo nell'angolo Festa ma aspettiamo le sue contromosse perché non potrà abbandonare i suoi sette fedelissimi assessori. Qualcuno lo perderà per strada (Mazza e Genovese?), qualche altro entrerà (scalpitano quelli del patto civico come Melillo e Trezza) ma così è un'agonia. Siamo seri, ha senso andare avanti?
