Irpinia, il paradosso dell’abbondanza: terra di acqua nella morsa della siccità

Una provincia ricca di sorgenti, ma piegata da reti obsolete e gestione fallimentare

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Dispersioni parossistiche, calo drammatico delle sorgenti, prelievo verso Puglia e Napoli: l’Osservatorio Appennino Meridionale alza il livello di criticità a "elevato"

Avellino.  

Dalla risorsa alla scarsità: un tragico paradosso. Nonostante una disponibilità naturale tra le più alte del Mezzogiorno, l’Irpinia si trova oggi in crisi profonda. La provincia di Avellino, storicamente culla di sorgenti come quelle del Calore Irpino – Pollentina, Peschiera e Bagno della Regina –, fornisce volumi sostanziali anche all’Acquedotto Pugliese e all’Acquedotto Napoletano. Eppure, le condizioni idriche locali sono da allarme, come dichiara il video qui sopra. 

Calo delle sorgenti e dati allarmanti

L’Osservatorio del Distretto Appennino Meridionale ha rivisto a “elevato” lo stato di severità idrica per la provincia di Avellino. Secondo i dati ufficiali, nel giugno 2025 la disponibilità da Cassano Irpino è scesa a 1.742?l/s, -122?l/s rispetto al mese precedente e ben al di sotto dei 2.273?l/s registrati nello stesso mese del 2024. Persino nel 2017, anno record negativo, la portata era stata maggiore (1.775?l/s per lo stesso periodo).

Reti vetuste e dispersioni clamorose

Il vero tallone d’Achille? Le infrastrutture. Il gestore Alto?Calore – attivo nei 125 Comuni irpini – lascia disperdere fino al 40% dell’acqua immessa a causa di condotte insicure e vetuste. Un malfunzionamento che si traduce in migliaia di litri al secondo perduti, uno spreco intollerabile in un contesto già fragile.

Precipitazioni sotto media, emergenza estate

A rendere ancora più critica la situazione, le piogge sono state inferiori alla media. Tra ottobre 2024 e maggio 2025 caduti circa 884?mm, contro una media storica di 1.101?mm. La scarsità di piogge ha impedito la ricarica degli acquiferi, aggravando il deficit già evidente nelle sorgenti.

Richieste dell’Osservatorio e scenari futuri

Con l’arrivo dell’estate e l’aumento dei consumi (oltre 2.500?l/s), l’Osservatorio ha avvertito: a luglio serviranno circa 1.300?l/s di prelievo, con un picco nel trimestre ottobre-novembre previsto a circa 1.100?l/s. Si parla di integrazione, redistribuzione, pressioni ridotte e monitoraggio continuo: provvedimenti urgenti, ma tardivi rispetto ai danni accumulati.

La protesta dei comitati: “Nulla è cambiato in un anno”

Il comitato "Uniamoci per l’Acqua", attivo fin dal 7 luglio 2024, denuncia: dopo un anno “non è cambiato nulla, anzi: crollata la portata delle sorgenti e chiusure notturne quotidiane. L’unica cosa cresciuta è l’indifferenza di chi governa” (nota social) . I sindaci, dicono, “sono bravissimi a votare bilanci-fantasma ma incapaci di pretendere un tubo nuovo”.

Tra emergenza e responsabilità

Il quadro è nitido: l’Irpinia, da serbatoio idrico, si ritrova sull’orlo del baratro per carenze strutturali, dispersioni assurde e declino delle fonti. La connivenza tra gestione inefficiente, trasferimenti idrici interregionali e carenze di manutenzione sta portando la provincia allo stremo. Interventi strutturali immediati, investimenti decisivi sulle reti e apertura di tavoli permanenti sono l'unica via percorribile per evitare il collasso. Senza queste misure, l’emergenza idrica rischia di diventare cronica, con gravi ripercussioni sociali, ambientali ed economiche.