Bomba contro negozio a Valle: chiesti 24 anni per i 2 imputati

La requisitoria del pm D'Onofrio. Nella prossima udienza tocca alla difesa poi ci sarà sentenza.

Il pm ha ricostruito alcune delle parti salienti delle indagine. Poi è toccato discutere all'avvocato di parte civile. Nella prossima udienza sarà lasciato spazio alla difesa. Proverà a smentire

Avellino.  

 

di Andrea Fantucchio 

Cinque ore. Tanto è durata la prima parte dell'udienza conclusiva nel processo a carico di M.G. E G.A.  Arrestati per il lancio di una bomba carta contro il negozio di animali che si trova in via Saverio Marotta a rione Valle.  Nella requisitoria il pm, Vincenzo D'Onofrio, ha chiesto quindici anni di reclusione per M.G e nove per G.A. Accusati a vario titolo di tentata estorsione, stalking, lesioni e danneggiamento. 

Poi è stato lasciato spazio all'arringa dell'avvocato di parte civile, Michela Mancusi.

Il collegio giudicante, presieduto dal giudice Luigi Buono, a latere i magistrati Giulio Argenio e Lorenzo Corona, ha dichiarato aperta l'udienza intorno alle 10.30.

G.A. ha chiesto la possibilità di rilasciare dichiarazioni spontanee, anticipando che avrebbe citato alcuni documenti. Dopo l'opposizione dell'accusa, l'avvocato Gerardo Di Martino ha dichiarato di voler invertire le richieste: prima avrebbe citato i documenti da acquisire e poi si sarebbe proceduti con le dichiarazioni spontanee.

Fra le prove poi acquisite: alcuni scontrini fiscali (proverebbero l'assenza dell'imputato sul luogo di alcuni fatti contestati) e degli screenshot di chat facebook che M.G. aveva avuto con la vittima e un presunto amante della stessa. Prove che la difesa ritiene potrebbero rivelarsi fondamentali ai fini del processo e dimostrare l'infondatezza di numerose accuse.

Il pm ha dichiarato che «Più volte gli imputati, come “compare” e “compariello”, si sono sentiti nei momenti successivi all'episodio di Valle. Volevano concordare come mentire alle forze dell'ordine. Hanno vagliato diverse ricostruzioni».

A giocare un ruolo fondamentale anche una terza persona, poi non finita a processo, alla quale il padre del compagno della vittima si era rivolta (non dichiareremo il nome proprio perché non rientra nel procedimento).

«Quella figura è tipica di una terra come questa dove, prima di rivolgersi alle forze dell'ordine, si va da camorristi o pseudo-tali per farsi risolvere il problema. Ed è lì che è stato fatto per la prima volta il nome di M.G.», ha dichiarato D'Onofrio.

L'accusa ha ripercorso alcuni aspetti fondamentali dell'indagine. Oltre all'episodio della bomba carta, viene contestato anche un incendio appiccato all'ingresso del medesimo negozio, il rogo che ha danneggiato l'auto del proprietario, l'avvelenamento di due cani e l'accusa di stalking ai danni della ragazza.

L'aspetto del presunto avvelenamento dei cani è stato affrontato dall'avvocato di parte civile. La penalista Michela Mancusi ha spiegato come: «Il gesto sia riconducibile all'attività della vittima e dell'imputato. Entrambi addestratori degli stessi tipi di cani. La mia assistita è ritenuta davvero brava nel suo ruolo. L'imputato l'ha danneggiata perché le creava problemi nel suo stesso settore».

Si torna in aula il 27 marzo. Toccherà discutere alla difesa, condotta dagli avvocati Gerardo Di Martino, Gerardo Santamaria e Alberico Villani. Tenteranno di dimostrare la poca concordanza degli elementi raccolti in fase di indagine. E così provare a smentire la ricostruzione offerta dall'accusa. Per la difesa, infatti, non ci sarebbero prove inequivocabili che permettano di collegare i reati contestati agli imputati.