Francesca Albanese sotto attacco: sosteniamola pubblicamente e con dignità

Da Roma il monito di Antonella Moschillo, medico psichiatra, originaria di Ariano Irpino

francesca albanese sotto attacco sosteniamola pubblicamente e con dignita

Riceviamo e pubblichiamo

Ariano Irpino.  

"Dalle nostre terre la più autorevole voce per il Popolo Palestinese: Ariano Irpino e i comuni vicini sostengano Francesca Albanese"

Il monito arriva da  Antonella Moschillo, medico psichiatra, originaria di Ariano Irpino ma residente a Roma da dieci anni.  Da sempre, anche fuori dalla professione, attivamente impegnata in tematiche sociali e politici, con particolare attenzione alle libertà individuali e collettive. Moschillo collabora con associazioni che tutelano gli stessi diritti e difendono gli stessi valori.

Francesca?Albanese, nata ad Ariano Irpino, è giurista e ricercatrice, al momento tra le più celebri al mondo, in particolare per il suo attuale ruolo di Relatrice Speciale delle Nazioni Unite per i Diritti Umani nei Territori Palestinesi Occupati. Incaricata nel 2022, è la prima donna e la prima italiana a ricoprire questo ruolo. La sua voce, ha (ri)portato al centro del dibattito internazionale la tragedia palestinese (non occorsa dall’8 Ottobre 2025 ma in corso da 77anni per mano di Israele e delle complicità occidentali), affrontandola con rigore giuridico e coscienza storica probabilmente senza precedenti. Fondamentali tappe del suo percorso sono i due Rapporti pubblicati rispettivamente a Marzo 2024 e Giugno 2025. In questi mesi, mentre nel mondo costruiva la sua credibilità attraverso gli spazi sempre più ampi che le venivano concessi, a casa ha dovuto occupare sempre posti costruiti a fatica, spesso il corridoio libero che si crea faticosamente spostando un mobiletto, mai salotti, mai ingressi, mai vetrine.

Anatomia di un genocidio (marzo 2024)

Nel rapporto presentato al Consiglio ONU per i Diritti Umani il 26 marzo 2024, intitolato “Anatomy of a Genocide”, Francesca Albanese espone un’analisi documentata delle operazioni militari israeliane condotte a Gaza a partire dal 7 ottobre 2023. Afferma che ci sono «fondati motivi» per ritenere che lo Stato di Israele abbia commesso atti qualificabili come genocidio ai sensi del diritto internazionale.

Il documento non si limita alla condanna morale, ma si basa su dati raccolti sul campo, testimonianze e analisi giuridiche. Vi si documentano uccisioni indiscriminate di civili; distruzione sistematica delle infrastrutture vitali; sfollamenti forzati; l’uso deliberato della fame come arma di guerra; detenzioni arbitrarie, incluse quelle di minori; negazione del diritto alla sepoltura e molto altro. Francesca Albanese sottolinea che, mentre il diritto internazionale vieta esplicitamente queste pratiche, la comunità internazionale è rimasta inerte o complice.

Economia di un genocidio (giugno 2025)

Il 30 giugno 2025, la Relatrice ha pubblicato un secondo rapporto, intitolato “From Economy of Occupation to Economy of Genocide”, presentato alla 59ª sessione del Consiglio Onu. In esso, Albanese approfondisce le strutture economiche che alimentano e traggono profitto dalla distruzione di Gaza. In particolare, traccia la mappa dell’intreccio sistemico tra l'industria bellica, la tecnologia e il mondo della finanza che alimentano e traggono profitto dall’annientamento della Palestina.

La sintesi fatta da lei stessa alla presentazione del lavoro è stata: “Questo genocidio non è stato evitato, né è stato fermato, perché è redditizio. C’è gente che sta facendo soldi a costo del genocidio. Un sacco di soldi”.

Il cuore dell’analisi è il ruolo centrale dell’apparato militare-industriale israeliano, uno dei pilastri dell’economia del Paese. Israele è l’ottavo esportatore mondiale di armi, con due giganti del settore a guidarne la produzione: Elbit Systems, azienda privata, e Israel Aerospace Industries, a controllo statale. I loro droni e armamenti, molti sviluppati in collaborazione con centri come il MIT, sono testati direttamente sui civili palestinesi. Ad alimentare questa macchina c’è anche la Lockheed Martin, che fornisce i jet impiegati nei bombardamenti su Gaza. Tra i partner principali c'è anche Leonardo, la maggiore azienda italiana del settore, coinvolta nella co-produzione degli F-35. Continuando, nel 2021, Amazon e Google avevano firmato un contratto da 1,2 miliardi di dollari con Israele per fornire sistemi cloud e di elaborazioni data. Poi Palantir, società americana specializzata in IA militare, che ha scelto di tenere il suo consiglio di amministrazione a Tel Aviv nel gennaio 2024 “in segno di solidarietà con Israele”.  CaterpillarHyundai e Volvo che forniscono bulldozer blindati e macchinari usati per radere al suolo case palestinesi e costruire nuove colonie. Una volta sgomberati i terreni, entrano in scena le aziende dell’edilizia e dell’immobiliare: la tedesca Heidelberg fornisce materiali per costruire, la spagnola Caf le infrastrutture di trasporto, la statunitense Keller Williams Realty si occupa delle vendite. Anche Booking.com e Airbnb giocano un ruolo attivo promuovendo soggiorni turistici nelle colonie illegali da cui ricavano commissioni sostanziose.

Anche il settore energetico non è estraneo a questo meccanismo. Aziende come ChevronBP e Glencore sono attivamente coinvolte nello sfruttamento di giacimenti di gas, anche in acque palestinesi illegalmente sottratte. Chevron, in particolare, soddisfa il 70% del fabbisogno energetico israeliano.

Tutte queste attività sono sostenute infine da un solido sistema finanziario internazionale. Tra i maggiori attori spiccano Bnp ParibasBarclaysAllianzAxa e BlackRock, coinvolti nel finanziamento diretto dell'economia israeliana e nel sostegno a imprese implicate nell’occupazione.

Albanese, dunque, parla apertamente di “capitalismo genocidario”: un sistema che non si limita ad occupare e opprimere, ma trasforma la devastazione in un business, mentre intere comunità vengono cancellate sotto gli occhi del mondo.

Una voce sotto attacco

Per le sue posizioni, i suoi lavori, la sua instancabile tenacia e coraggio, Francesca Albanese ha subito pressioni politiche, delegittimazioni pubbliche e - in ultimo- sanzioni da parte degli Stati Uniti. Queste ultime, annunciate dal segretario di Stato statunitense Marco Rubio il 9 Luglio u.s prevedono, tra le altre, che Francesca Albanese e i suoi familiari, inclusi il coniuge e i figli, non possono entrare nel territorio degli Stati Uniti. Che qualsiasi proprietà o bene a lei riconducibile presente negli Usa venga sottoposto a blocco, che alle imprese statunitensi è vietato intrattenere rapporti economici con lei, offrirle donazioni o fornirle qualunque tipo di sostegno nelle sue attività, che sia esclusa ogni forma di aiuto finanziario che possa servire a coprire le spese legate al suo incarico, che ricordo Albanese svolge a titolo gratuito per conto delle Nazioni Unite. Un trattamento senza precedenti per un funzionario Onu, che lei stessa ha definito “una forma di intimidazione in stile mafioso”. Nonostante ciò, ha ribadito il proprio impegno: “Non mi fermeranno. Il mio dovere è far rispettare il diritto internazionale”.

Prima degli Stati Uniti, Israele nel 2024 aveva vietato a Francesca Albanese di entrare nel proprio paese.

Il Governo Italiano, tramite le sue Istituzioni e i suoi rappresentanti, al momento non ha espresso vicinanza né solidarietà, né si è impegnato in azioni concrete che possano sostenerla e difenderla, confermando una sudditanza agli Stati Uniti che ci colloca sempre più nel cortile di casa loro, anche quando siamo a casa nostra.

Ariano Irpino e i Comuni vicini: l’urgenza di un impegno concreto

Commentando quanto accaduto Francesca Albanese ci ha lasciato queste parole: “Sto davvero mettendo in gioco tutto quello che ho. Se ci riesco io, allora tutti possiamo resistere a questa pressione. E insieme possiamo davvero uscire da questo genocidio con la speranza di un mondo migliore”

Davanti a questo scenario, e davanti a queste parole non possiamo restare in silenzio. Ariano Irpino, città natale di Francesca Albanese, ha il dovere – simbolico e concreto – di schierarsi (ho apprezzato il supporto espresso a suo favore nella giornata di ieri), insieme ai Comuni del territorio e a tutte le istituzioni locali che vogliano restituire dignità alla politica e alla legalità internazionale. Abbiamo il dovere di chiedere, con ogni mezzo e con ogni voce, che smettano i bambini di morire, le madri e i padri di piangere, le case di crollare, la fame di affamare e la sete di assetare. Che Israele e i governi occidentali complici smettano. Che vengano puniti con sanzioni. Che al Popolo Palestinese venga restituita una casa e insieme ad essa la dignità di essere madri e padri e nonni e figli, di essere brave o cattive persone, di fare scelte giuste e sbagliate, di sognare in grande o condurre una vita semplice, di essere finalmente -oltre che vittime- esseri umani.

Alcune azioni concrete di impegno per i nostri comuni possono essere:

  • Esporre la bandiera palestinese;
  • Dichiarare pubblicamente il sostegno a Francesca Albanese e al popolo palestinese, senza ambiguità;
  • Organizzare eventi, dibattiti, momenti culturali che tengano viva la consapevolezza pubblica, soprattutto nei mesi estivi che si arricchiscono di estati di paese e tante persone;
  • Promuovere campagne di boicottaggio contro le aziende coinvolte nella filiera bellica e che sostengono le economie israeliane;
  • Richiedere formalmente a Regioni, Parlamento e Governo italiano e fare su di loro pressione per: cessate il fuoco immediato e permanente a Gaza; ingresso sicuro e costante degli aiuti umanitari; rilascio di tutti i prigionieri palestinesi detenuti senza processo; fine dell’occupazione dei Territori Palestinesi Occupati; pieno rispetto del diritto internazionale umanitario; sostegno alla Corte Penale Internazionale e alla Corte di Giustizia Internazionale; stop immediato alla vendita di armi a Israele, e attivazione di sanzioni ed embargo; sospensione dell’Accordo di Associazione tra Unione Europea e Israele; revoca del Memorandum di cooperazione militare Italia–Israele; riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina.

Non partecipare con la lotta attiva e corporea alla tragedia palestinese ci rende partecipi del perpetuarsi dell’ingiustizia.

Francesca Albanese sta compiendo un atto di resistenza civile e giuridica, pagando un prezzo personale altissimo. Il minimo che possiamo fare è sostenerla pubblicamente, con dignità e senza ambiguità.
Perché il diritto, se non è difeso quando è scomodo, non vale nulla quando ci serve.
Ricordiamoci dunque, per rispetto di chi siamo oggi e della storia che ad oggi ci ha portato, che "nessuno è al sicuro finché tutti non sono al sicuro", come ha scritto Francesca Albanese stessa. A lei oggi dobbiamo – oltre al nostro sostegno pulito, incontaminato, sicuro e totale – anche la speranza di saperci tanto complici quanto possibili autori di azioni concrete, che possano restituire al mondo l’umanità. E, ancor prima, la giustizia che spetta al popolo palestinese e a tutti i popoli. Perché la Palestina sia libera, e con lei, tutti noi.