I segreti delle portinerie raccontano Napoli e Milano

Da domani al Pan la mostra di due artisti avellinesi, Antonella Cappuccio e Filippo Cristallo

Una mostra molto interessante. Due mondi raccontati da un angolatura insolita e sorprendente, che restituisce l'anima nascosta e vera di due metropoli.

Raccontare mondi diversi, lontani e a volte simili, distanti ma carichi di una stessa traboccante umanità. Sono le portinerie del centro, di Napoli e Milano. Città dall'anima differente, almeno in apparenza. Tradizioni e cultura che non sembrano conciliabili. Non sempre almeno.

Memorie di palazzo è un progetto fotografico, realizzato da due artisti avellinesi, Antonella Cappuccio e Filippo Cristallo. Un lavoro straordinario, che “legge” da una angolatura originale due metropoli. E che sarà in mostra a partire da domani – e fino al due settembre - nel prestigioso Pan, il Palazzo Arti Napoli. L'inaugurazione è prevista per domani sera (24 agosto), alle 17. Ed è stata allestita in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli.

Un lavoro che è durato mesi. Filippo Cristallo – già autore di numerose mostre fotografiche, notevole quella sul Messico -, si è concentrato in particolare sulle portinerie napoletane. Antonella Capuccio, che dimostra una notevole sensibilità per le immagini, ha “operato” molto di più sul centro di Milano.

Quella che viene fuori è una raccolta di immagini capace di raccontare un mondo. Scatti che vanno oltre quello che si può immaginare, capaci di cogliere, in quegli angoli nascosti di città, l'anima più vera e intensa di due popoli.

Ovunque ci si trovi, nel quartiere Magenta, residenza della buona borghesia meneghina o nel popolarissimo cuore antico di Napoli, le portinerie conservano il loro carattere di microcosmi, che tanto cinema e letteratura hanno ispirato.

“Una città senza portinaie, non ha storia, non ha gusto, è insipida, come una minestra senza pepe né sale, una ratatouille informe”, scriveva Cèline nel suo Viaggio al termine della notte, scoprendo Manhattan senza portinerie. Le foto restituiscono non solo i variegati ambienti delle guardiole, ma anche l’immagine dei custodi che le abitano, palesando una prima significativa differenza tra le due città: nel capoluogo lombardo il mestiere del portinaio, “a rischio di estinzione”, ha subito negli ultimi anni un’inversione di rotta. La maggior parte dei custodi  è straniera, di nazionalità filippina, srilankese, peruviana e albanese. Siamo lontani dalla Milano di Gadda, dalle portinaie de L’Adalgisa ma la funzione sociale della portineria in molti casi è rimasta la stessa. A Napoli la figura del “guardaportoni” non ha subito grandi cambiamenti rispetto alla descrizione che ci ha lasciato Matilde Serao ne Il ventre di Napoli : “Per disimpegnare gli obblighi del proprio mestiere, svariati e non senza difficoltà, i portinai napoletani adoperano la sveltezza naturale del loro ingegno, fanno le ambasciate, distribuiscono le carte da visita, dividono le lettere e i giornali...” “La portineria bene avviata, con gli inquilini che vanno e vengono” citando Totò, nei panni del portinaio Antonio Bonocore de “La banda degli onesti”, a Napoli si eredita, passa di padre in figlio, veri e propri archivi ambulanti di vita condominiale tra strada e casa.