"C'era una volta il questore", Ficarra e Della Cioppa: il coraggio di parlare

Un volume scritto a quattro mani, un'analisi attenta e precisa sul ruolo del questore

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Maurizio Ficarra e Mario Della Cioppa hanno raggiunto la qualifica apicale nella carriera dirigenziale della polizia fino a svolgere le più elevate funzioni

Avellino.  

Un volume scritto a quattro mani, un'analisi attenta e precisa sul ruolo del questore, ma anche una critica profonda sulla metamorfosi generata da un lento svuotamento di strumenti sostanziali ed effettivi della funzione dei dirigenti di polizia.

Maurizio Ficarra (ex questore di Avellino) e Mario Della Cioppa (ex questore di Roma) hanno raggiunto la qualifica apicale nella carriera dirigenziale della polizia fino a svolgere le più elevate funzioni quali quelle del Vicario del questore, prima, di questore della repubblica, poi. I due dirigenti si conoscono per la prima volta nel 2002, quando, per circa tre mesi frequentano insieme il corso di formazione dirigenziale presso la scuola Superiore di Polizia. Ma dieci anni dopo, durante il Corso di Alta Formazione Interforze, sempre a Roma, presso la omologa Scuola, in nove mesi di studio hanno la possibilità di confrontarsi sulle reciproche esperienze professionali. Uno scambio di riflessioni costante che li ha portati a generare la volontà di mettere nero sui bianco quei pensieri.

E così che nasce “C'era una volta il questore”. Il titolo indica già la necessità da parte degli autori di una valutazione in chiave critica dei limiti dell'attuale funzione del questore.

Il volume, dopo una breve introduzione sulla presentazione degli autori stessi, entra

nel merito delle funzioni dei dirigenti. Un'analisi pungente dei vari aspetti operativi e non, le dinamiche, l'applicazione e lo svolgimento delle funzioni. Il volume di Ficarra e Della Cioppa vuole consegnare una visione generale del ruolo nella pratica reale, stimolando riflessioni sulla lenta trasformazione. Tanti i punti di domanda su cui poter riflettere: “Il questore viene anche prima delle cariche statali aventi qualifica o grado corrispondente a Generale di Divisione..., ma nella pratica, il questore possiede effettivamente tutti gli strumenti che dovrebbero essere coerenti con la sua collocazione formale?”.

Un altro capitolo è dedicato allo svuotamento dei “poteri” del questore. Come sia cambiato nel tempo e come il potere organizzativo sia stato man mano svuotato, accentrato dal capo della polizia, attraverso le direzioni centrali del Dipartimento.

Altro spunto di riflessione lo consegna il capitolo “La (non) politica di gestione dei questori: supporto, coinvolgimento e prossimità”. Ficarra e Della Cioppa fanno un'analisi: la Direzione Centrale che si occupa delle politiche del personale mostra poca “delicatezza e sensibilità” nei riguardi dei grandi servitori dello Stato. I trasferimenti, gli insediamenti appaiono non essere basati su criteri prestabiliti ma spesso sulla base della conoscenza personale o diretta della carriera dell'interessato.

I due autori ritengono che, quando a capo delle Direzioni Centrali vi sono Prefetti o dirigenti superiori che non hanno mai svolto compiti operativi sul territorio o non sono mai stati questori, non possono conoscere le vere esigenze di quest'ultimi.

Uno ragionamento anche sulle scelte operative in relazione all'ordine pubblico che possono condizionare la politica.

Insomma, il libro offre tanti spunti di pensiero. Gli autori si sono prefissati di non essere irriguardosi ma solo propositivi, hanno avuto il coraggio di alzare la mano e parlare con il solo scopo di sollecitare nel lettore un'analisi che possa condurre alla ricerca di soluzioni.

Buona lettura.