Nel polveroso villaggio di Avellino, dove la politica è più pericolosa della dinamite scaduta e il caffè del saloon comunale è ancora più amaro del whisky, il vento trascina fogli di delibere mai lette e promesse dimenticate. Qui, una voce fuori campo avrebbe già avvertito: "State lontani dalla politica, ragazzi. Fa male alla salute".
La sceriffa Laura Nargi, prima donna col distintivo in una città che raramente perdona, ci ha provato davvero. Forse troppo: ingenua come chi ancora crede alle favole e ottimista come chi spera in un rimborso delle tasse, ha sfidato il pistolero più temuto, Gianluca "Liberty" Festa. Lui, sorriso tagliente, mani leste e curriculum più oscuro di una notte senza luna, la guardava con l’aria annoiata di chi sa già come finisce la storia.
Non servono pallottole, basta un'occhiata storta o, peggio ancora, un'astensione ben piazzata. E se Laura brandisce il bilancio comunale con lo stesso entusiasmo di chi tiene una pistola ad acqua durante un duello mortale, Festa, dal canto suo, usa il silenzio e gli sguardi complici come fossero pallottole vere.
Nel saloon del consiglio, affollato da predicatori pentiti e scagnozzi travestiti da benefattori, tutti gli occhi sono su Rino Genovese. Lui, ex eroe delle sagre e delle inchieste tra caciocavalli e castagne, ora è il freelance della politica: tutti attendono un suo cenno, ma lui, enigmatico come una moneta che rotola, risponde con un "no" più rumoroso di una sparatoria.
Nargi tenta un'ultima mossa disperata, chiama a raccolta "i giusti, i vivi e anche i morti del municipio", ma ad Avellino gli zombie non votano, al massimo si astengono. E mentre Trezza e Melillo, pastori migratori convertiti alla politica, predicano nel deserto di Avellino Gulch, chiedendo miracoli a un San Gennaro che quel giorno è impegnato altrove, i "festiani" sorseggiano la bevanda preferita: l'amaro tradimento, annata speciale.
Alla fine, il duello che tutti aspettavano, tra spari e tensione, è meno eccitante di una partita a briscola tra pensionati: Nargi resta con la pistola (scarica) in mano, e Liberty Festa, con il solito sorriso sghembo, esce dal saloon salutando con aria da star hollywoodiana: «Quando la leggenda diventa realtà, stampate la leggenda». E Avellino, puntuale, stampa. Peccato che stampi sempre la leggenda sbagliata.
E lei, Laura Nargi, "sindaca per caso" in una città dove i politici vengono eletti per poter essere divorati meglio, lascia il distintivo con l'amarezza di chi ha capito tardi che, ad Avellino, la moralità è una pistola a salve. Tutto si consuma in una festa amara orchestrata proprio dal suo creatore politico, quel Gianluca Festa che indossa con perfida ironia i panni di Liberty Valance, l’uomo che ha reso "la politica del più furbo" la vera legge cittadina.
Così, tra consiglieri shakespeariani pronti a cambiare casacca più spesso dei calzini, assessori indecisi tra "essere" o "non essere" festiani, e la preghiera finale della Nargi trasformata in vana invocazione ai santi, cala il sipario su una delle commedie più tragiche della politica avellinese.
Solo Livio Petitto, l'ex che sfugge al passato di potente sintonia con il sistema che ora ha buttato giù la sua pupilla, ha già fatto il cambio di diligenza che lo porterà a chiudere il tour nell'arco costituzionale: e noi che eravamo abituati ai "viaggi" elettorali di De Sanctis.
E come non ricordare l'enigma Gianfranco Rotondi, parlamentare di Fratelli d'Italia che della linea del partito della Meloni in città fa quello che vuole: piroette che alla destra serviranno come un pezzo di pane azzimo al banchetto delle prossime amministrative.
La morale? Non c’è, ovviamente. Ad Avellino, se cercate morali, provate altrove.
