Premi di valorizzazione, la paradossale scelta dell'Avellino

I club che hanno aderito al "minutaggio" battono cassa e i lupi, spuntati, restano a guardare

Avellino.  

Dopo un'estate rocambolesca, un inizio di ottobre paradossale. E sì, perché mentre allo scoccare della settima giornata, come da regolamento, tante squadre che hanno deciso di rimpinguare le proprie casse attraverso la valorizzazione dei giovani si apprestano a incassare il primo bonifico della Lega Pro, l'Avellino resterà a guardare gli altri club dividersi il “montepremi”. Sia chiaro, nessun obbligo violato: con l'abolizione delle liste si può scegliere di mettere in campo anche undici “over”. Rispetto alla conclamata crisi economica con cui sta facendo i conti la proprietà viene, però, spontaneo domandarsi come mai e soprattutto perché si è, a oggi, rinunciato a questi introiti, palesemente preziosi per ammortizzare i costi di gestione? Introiti che, in partenza, erano, inoltre, considerati, da fonti vicine alla società, tra i punti fermi attraverso cui condurre in porto la stagione.

Saldati con anticipo gli emolumenti dei mesi di luglio e agosto, entro il 16 dicembre andranno ora pagati quelli del bimestre settembre - ottobre: schierando in campo almeno tre e fino a un massimo di cinque calciatori italiani, dai ventuno anni a scendere (domenica scorsa, per esempio, la Cavese ha giocato con il portiere e il terzino sinistro, classe 2000, Bisogno e Nunziante oltre al terzino destro, classe '98, Matino, ndr) e facendogli totalizzare 270 minuti (o più) a partita anche mediante sostituzione con i tesserati compresi nelle sopra citate fasce di età, si sarebbe giunti alla prossima scadenza con la possibilità di avere in cassa due importanti iniezioni di denaro. Oltre al pagamento dopo le prime sette giornate, arriverà, ovviamente, anche quello successivo alla quattordicesima. In termini di cifre, chi aderisce al minutaggio può arrivare a incamerare fino a circa 14mila euro a gara che, moltiplicato per 38 turni, fa un bel gruzzoletto. Questo, pure per un altro fattore, non meno paradossale: chi, come l'Avellino, non pratica questa politica rende la spartizione della “torta” in “fette” più grandi tra chi la adotta.

E allora, si può comprendere che squadre che puntano a vincere il campionato non badino a questo incentivo, ma si fatica a comprendere perché lo abbia fatto l'Avellino, con le finanze sottoposte al controllo degli amministratori giudiziari e chiamato, ora, a continuare ad autofinanziarsi unicamente attraverso gli introiti di sponsor e vendita dei biglietti, in attesa che a gennaio arrivi il rimborso degli stipendi anticipati ai ragazzi in prestito. Oltre all'ordinaria amministrazione, il mancato ricorso ai fondi garantiti dal minutaggio, passato sottotraccia, si somma al mercato concluso senza completare la rosa, nonostante due fideiussioni: a Castellammare di Stabia, senza Albadoro, una volta andato sotto, l'Avellino ha per la terza volta di fila dimostrato di non avere frecce in faretra da scoccare per fare centro e recuperare.

“La vicenda relativa alla fideiussione integrativa? No, non era in programma di stipularla, ma abbiamo sforato il budget, di pochissimo, e si è reso necessario produrne una nuova.” aveva commentato a margine di Avellino – Virtus Francavilla 0-1, al microfono di 696 TV OttoChannel, il direttore sportivo dell'Avellino, Salvatore Di Somma non sottraendosi a fare luce su una zona d'ombra. Avrà, allora, certamente modo di farlo anche su questo aspetto. Magari chiarirà che è stata una scelta consapevole e ponderata. Legittima. Ma se così fosse, date le premesse, resterebbe comunque difficile capirne la ratio.