Campolattaro, la diga per ora succhia solo denaro pubblico

Ancora priva di collaudo dopo 27 anni dalla sua ultimazione

campolattaro la diga per ora succhia solo denaro pubblico
Campolattaro.  

Quella della gestione delle risorse idriche della Regione Campania è una “bolla” nota da anni e da anni tenuta prigioniera. Non è affatto un caso che Fulvio Bonavitacola, vice presidente della giunta regionale, nel 2018 venne costretto a smentire, nero su bianco, l'autorizzazione che aveva firmato un dirigente di palazzo Santa Lucia per la proroga della concessione all'Acquedotto Pugliese di derivazione idrica a Caposele.

Una proroga di 18 anni che il dirigente “zelante e solitario” s'era intestato nonostante “privo della relativa competenza”. L'acqua è un bene pubblico. Lo Stato ne concede l'utilizzo attraverso due procedure: le grandi o le piccole derivazioni.

A Caposele l'Aqp ha messo mano alla più grande derivazione del Mezzogiorno. Insegna molte cose da tenere bene a mente.Ma quella è un'altra storia. Qui ed oggi ci interessa approfondire un'altra odissea, che dura da 58 anni: la diga di Campolattaro. Immaginata per la prima volta nel piano regolatore generale delle acque nel 1962, l'impianto sorge a sbarramento del Tammaro, un affluente del Calore. Sedici anni dopo, 1978, la Cassa per il Mezzogiorno licenziò il progetto esecutivo, che sorge sì nel comune di Campolattaro ma ha dispiegato i propri effetti (il bacino vero e proprio) nella piana a ridosso del comune di Morcone.Ma i 69 miliardi e 344 milioni di lire calcolati per la sua realizzazione sono stati stanziati solo due anni dopo, nel 1980.

Il conto lo tiene l'amministrazione comunale di Campolattaro: “I lavori, affidati alla romana Ferrocementi, iniziarono nel 1981 e furono ultimati nel 1993. Il costo complessivo fu quantificato in circa 270 miliardi di lire, di cui circa 51 miliardi per gli espropri che coinvolsero oltre 1.200 Aziende dei comuni di Campolattaro e Morcone”.

Cosa sia accaduto in 27 anni dalla sua ultimazione è un buco nero che ingoia carte, normative, spensieratezza e scaltrezza politica: le stesse pratiche ignobili che inchiodano tutte le opere pubbliche e il loro funzionamento al criterio “dell'emergenza”, che poi è la foglia di fico dietro la quale si nascondono le mazzette per i politici e gli appalti pilotati per gli imprenditori, quando di mezzo non si mette la camorra.

Bene, 27 anni e la prima verità sconcertante: la diga di Campolattaro non ha ancora ultimato il collaudo. Una operazione complessa, complicata, fatta di continui svuotamenti e riempimenti e di rilevazioni tecniche che dovrebbero garantirne la estrema sicurezza. Ma non occorrerebbero 27 anni. Qualche decina d'anni di ritardo se li è intestati la Provincia di Benevento, per la realizzazione di una strada. Chissà perché l'hanno chiamata la strada “Senza amici”, di fatto era opera preliminare al raggiungimento della quota massima di riempimento della diga e funzionale a far arrivare l'acqua a tutti gli opifici posti a monte dell'invaso. Ora la strada c'è e la diga in questi mesi sta continuando a svuotarsi e riempirsi per arrivare a ottenere la certificazione del collaudo.

L'estate scorsa, la Regione Campania, la stessa che aveva scoperto come funzionano i propri uffici riguardo la gestione dell'acqua, ha impresso una finta accelerazione all'utilizzo della diga: un mega progetto da 480 milioni di euro perché l'invaso possa finalmente essere destinato all'uso potabile e a quello irriguo. I numeri sono impressionanti.

Come Caposele, la diga di Campolattaro potrebbe da sola soddisfare tutti i bisogni idropotabili dell'intera regione e offrire ristoro da costi altissimi a centinaia di aziende agricole che con l'acqua fanno a cazzotti ogni giorno. Ma non solo. A valle dell'invaso, attraverso un sistema di collegamenti e pozzi, potrebbe essere alimentato un impianto idroelettrico per la produzione di energia pulita.

Potrebbe. Ma pure qui, c'è l'inghippo.

Già perché la Regione Campania non ha ancora messo mano al regolamento per la concessione della grande derivazione, necessaria e preliminare a poter bandire le gare che poi affideranno alle aziende la potabilizzazione dell'acqua, le condotte per il trasferimento della risorsa idrica alle aziende agricole e l'impianto idroelettrico. Lo stesso vuoto normativo regionale che poi ha consentito al dirigente “zelante e solitario” di procedere, motu proprio, a favore dell'Acquedotto  pugliese per la grande derivazione di Caposele. Quindi, la grancassa suonata dalla Regione e messa su spartito con la vagonata di milioni (480 una sopra all'altro sono una bella montagna di soldi) è aria fritta se non si mette mano al Regolamento.

Pensate che di “grandi derivazioni” lo stato centrale si è occupato con un regio decreto del 1933, il 1775, e da lì in poi niente si è più mosso. È in quella norma controfirmata da Vittorio Emanuele III che ci sono i parametri per capire cosa differenzi prendere acqua da Campolattaro o da Caposele o scavare un semplice pozzo.

La beffa è che la Regione Campania  ha un regolamento per scavare i pozzi davanti casa (l'ultima modifica è dell'aprile di quest'anno) ma non uno che stabilisca l'iter per le grandi derivazioni per avviare l'idroelettrico o l'uso potabile e irriguo.Quindi, cosa aspettano? I milioni ci sono, il collaudo prima o poi arriverà... manca una bella, grande, sentita “emergenza idrica” estiva che poi darà la stura: così... così... così.