Moria pesci nel Tammaro, l'Arpac: "Habitat non idoneo"

Il wwf divulga i risultati: "Preoccupanti valori di inquinamento"

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Benevento.  

Arrivano le risultanze del monitoraggio Arpac in seguito alla moria di pesci nel Tammaro, comunicate dal Wwf Sannio: "L’ARPAC ha effettuato un sopralluogo e campionamenti, sia a valle della diga che presso il depuratore. Relativamente alle acque superficiali, sono risultati valori compatibili con una valutazione di “tossicità trascurabile”. Nelle acque reflue del depuratore è risultata invece la presenza di Escherichia coli in concentrazione superiore al corrispondente limite di legge e quindi da considerarsi NON CONFORME, mentre il rapporto relativo alle analisi ecotossicologiche è risultato CONFORME.

Secondo ARPAC, “l’alta temperatura dell’acqua, unita a livelli di trofia elevati, […] ha comportato la creazione di un habitat non idoneo alla vita di molte specie di pesci ed in particolare delle trote”. E inoltre: “Il Tammaro a valle della diga ha quindi acque assolutamente inidonee alla vita delle trote, delle rovelle dei vaironi, delle alborelle ecc. che sono pesci che vivono a quote più alte, dove la corrente è più forte, le acque sono più fredde e, soprattutto molto più ossigenate.”

Infine “la moria segnalata non trova spiegazione nelle analisi effettuale, potrebbe dipendere dalle specie immesse non idonee all’habitat come da un evento/sversamento accidentale di sostanze nocive non più presente a causa della capacità depurativa e di diluizione delle acque superficiali”.

A giudizio delle associazioni WWF Sannio e Italia Nostra sez. Matese Alto Tammaro, gli accertamenti ARPAC confermano le ragioni dell’allarme sullo stato di salute del Tammaro. È evidente, infatti, che l’ambiente a valle è determinato dalla gestione dei flussi minimi vitali, che vanno garantiti dai gestori dell’invaso con parametri adeguati alle situazioni climatiche: il riferimento alle specie immesse può riguardare eventualmente le trote, ma non le specie “storicamente presenti nel bacino del Tammaro, come la rovella, l’alborella meridionale, la tinca, il triotto, il pesce gatto e l’anguilla” (*). Ma altrettanto preoccupanti sono i valori di inquinamento non conformi, tali da pregiudicare le caratteristiche sanitarie dei pesci a fronte di un utilizzo alimentare.

Preoccupa, infine, la conclusione che “la moria segnalata non trova spiegazione nelle analisi effettuate”. In assenza di compiuta individuazione delle cause, il fenomeno potrebbe dunque ripetersi. Se ne trae la conclusione che i vari attori coinvolti, Enti locali, Gestore dell’invaso, Provincia e Regione, debbano, coordinarsi opportunamente, mettendo in piedi un sistema di monitoraggio costante, a fronte dei vari rischi per la salute del Tammaro derivanti da acque reflue, lavorazioni potenzialmente inquinanti, ciclicità di eventi climatici ecc. Ciò rientra pienamente nel c.d. “Contratto di Lago” che appare sempre più vago nonostante risulti indifferibile, sia per la prevista potabilizzazione delle acque, che per la tutela del pregio naturale dell’area, che ha consentito la creazione dell’oasi WWF in continuità con l’istituendo Parco Nazionale del Matese".