Dieci africani si convertono al Cristianesimo

La lettera del catechista Bernard Mbombo

Paupisi.  

A Paupisi dieci africani si sono convertiti al Cristianesimo. Ospitiamo la lettera aperta del catechista Bernard Mbombo.

Abbiamo cominciato il cammino con i giovani migranti africani all’inizio di questa Quaresima. Infatti, non appena sono arrivato a Paupisi da San Vito Romano (Roma), don Raffaele Pettenuzzo (parroco della Parrocchia S. Maria del Bosco) mi ha parlato del suo progetto di avvicinamento dei giovani africani che si trovavano ospiti della Cooperativa “Crescere Insieme” in Contrada S. Pietro. C’erano, di fatto, in quella Cooperativa i musulmani, i cristiani della Chiesa pentecostale e quelli che non erano ancora battezzati e che, quindi, desideravano ricevere il battesimo nella Chiesa Cattolica.

Prima di tutto, don Raffaele ha invitato i 25 giovani africani (15 cristiani e 10 musulmani), presenti nella Cooperativa, a venire in Parrocchia per un incontro di conoscenza reciproca e per condividere il pranzo con noi ogni domenica. Secondariamente, sono poi venuti alla Catechesi 16 giovani, tra cui anche un giovane musulmano. Il primo giorno abbiamo presentato la realtà della Chiesa Cattolica a partire dai 7 sacramenti, spiegati dal diacono Nunzio Russo. Poi pian piano li abbiamo coinvolti a dare una risposta a una domanda di fede.

In seguito, abbiamo chiesto se quelli che non erano ancora battezzati volessero ricevere il Battesimo cattolico. Su 15 giovani, dunque, che si erano presentati all’inizio di questo cammino, rimasero in 10 che via via decisero di fare una scelta di vita e di dare una risposta di fede.

Abbiamo impostato il cammino con una Catechesi suddivisa in due incontri settimanali di due ore. All’inizio, siccome  si poneva il problema della lingua (infatti, i giovani vengono tutti da due paesi anglofoni, il Ghana e la Nigeria), si doveva pensare di insegnare l’italiano per poter almeno far capire certe realtà italiane. Purtroppo, il giovane che doveva insegnare la lingua italiana è dovuto andare in Inghilterra per motivi di studio. Quindi, dovevamo trovare una soluzione. Abbiamo allora pensato di fare la Catechesi in italiano per tradurre contemporaneamente in inglese. In quel caso si poneva una notevole difficoltà per quanto riguardava i mezzi a nostra disposizione. La persona che poteva fare da interprete era di madre lingua francese e aveva una certa conoscenza dell’inglese, si è allora cercato di inserirlo in questo progetto Catechetico.

Ma poi eravamo anche aiutati dagli stessi giovani africani, che avevano cominciato a imparare l’italiano e a capire ciò che dicevamo in italiano. Ciò si verificava ogni volta che chiedevamo loro se avevano capito ciò che avevamo detto, e loro, puntualmente, dicevano ciò che avevano capito. E quasi sempre corrispondeva a ciò che avevamo detto in italiano.

A volte bisognava spiegare il Credo con parole semplici. Non era facile, perché la propensione di noi catechisti era di usare le parole un po’ teologiche. E le parole un po’ teologiche erano certamente per loro molto difficili. Ma poi abbiamo trovato un linguaggio adatto a loro, entrando dunque nella loro realtà in modo più concreto e realistico.

Insomma, è stato un grande momento di conoscenza reciproca, tanto da parte loro che da parte nostro. Però, soprattutto, quello che li ha trascinati a prendere fiducia in noi, è stata l’accoglienza che don Raffaele sin dall’inizio ha testimoniato verso di loro. E cioè, si sono sentiti tutti come a casa. E tale atteggiamento fraterno e paterno di don Raffaele li ha assai incoraggiati, visto praticamente la distanza da cui partono per venire a piedi in Chiesa (alcuni kilometri).

Ogni domenica li facciamo servire come chierichetti, spiegando ciò che è la S. Messa e la sua importanza nella vita di un cristiano. I temi che abbiamo sviluppato lungo questo percorso, sono stati la preghiera di base e quotidiana come il Padre nostro, l’Ave Maria, il Gloria, la Salve Regina. Inoltre, abbiamo spiegato i 7 sacramenti, riprendendo ciò che avevamo detto all’inizio del cammino di Catechesi, abbiamo spiegato i 10 comandamenti e più profondamente le diverse parti del Credo. In seguito, abbiamo spiegato anche la S. Messa con l’esperienza della Parola di Dio e nell’iniziazione del Mistero dell’Eucarestia.

Penso che spiegando questi grandi temi della fede abbiamo anche toccato così tanti temi che normalmente si potrebbero spiegare durante il catechismo normale. Comunque, credo che la capacità di questi giovani migranti di recepire la nostra Catechesi ci abbia aiutato a svolgere nel migliore dei modi il nostro servizio di catechisti; visto, in particolare, le molte domande che facevano sui temi sviluppati. Sorgevano dei dubbi e delle perplessità tra di loro che poi insieme chiarivamo.

Per me è stata, dunque, una bellissima esperienza di vita, di annuncio e di testimonianza della mia fede, soprattutto ragionando che per me come cristiano – così come dice papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato il 17 gennaio 2016 – “i migranti sono miei fratelli che cercano una vita migliore lontano dalla povertà, dalla fame, dallo sfruttamento e dall’ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, che equamente dovrebbero essere divise tra tutti”.

Che cosa significa questo? Significa accogliere la persona che arriva, con attenzione; significa chinarsi su chi ha bisogno e tendergli la mano, senza calcoli, senza timore, con tenerezza e comprensione. Significa lavorare a fianco dei più bisognosi, stabilire con loro prima di tutto relazioni umane, di vicinanza, legami di solidarietà. Solidarietà, questa parola che fa paura al nostro mondo più sviluppato.

Perciò, come ha detto papa Francesco nel suo Discorso al “Centro Astalli” di Roma per il servizio ai rifugiati, “la sola accoglienza non basta. Non basta dare un panino se non è accompagnato dalla possibilità di imparare a camminare con le proprie gambe. La carità che lascia il povero così com’è non è sufficiente. La misericordia vera, quella che Dio ci dona e ci insegna, chiede la giustizia, chiede che il povero trovi la strada per  non essere più tale”.