Anziana ricoverata, la sua casa: chiesti 11 rinvi a giudizio

Indagine Dda sul clan Sparandeo, a marzo l'udienza preliminare

Benevento.  

Tutte sono state tirate in ballo da un'indagine della Dda e dei carabinieri del Reparto operativo del Comando provinciale di Benevento sul clan Sparandeo. Accuse e posizioni diverse, certo, ma tutte dovranno presentarsi il prossimo 1 marzo dinanzi al gup del Tribunale di Napoli, al quale toccherà stabilire se spedire a giudizio, come ha chiesto il pm Luigi Landolfi, che nel frattempo ha anche presentato appello contro il no alle misure cautelari, o prosciogliere undici persone nei confronti delle quali l'attività investigativa si è conclusa nel novembre dello scorso anno. Dopo aver messo nel mirino una vicenda, ma non solo, relativa al destino di un appartamento, con lavori e materiali non pagati.

Rientrano nel periodo che va da settembre 2016 a febbraio 2017 i fatti per i quali sono stati chiamati in causa, a vario titolo, Corrado Sparandeo, 61 anni, Arturo Sparandeo, 35 anni, Antonio Calabrese, 58 anni, Veronica Citarella, 38 anni, Gabriele De Luca, 29 anni, Maria Intorcia, 44 anni, Carmine Morelli, 58 anni, Stanislao Musco, 41 anni, Floreano Santamaria, 55 anni, Mario Siciliano, 54 anni, Maurizio Zampino, 45 anni, tutti della città.

Ai due Sparandeo e a Citarella viene contestata l'associazione per delinquere di stampo camorristico, ad Arturo Sparandeo, Citarella, Intorcia e Santamaria un'ipotesi di falso con l'aggravante del metodo mafioso. Attenzione centrata su una richiesta, depositata a fine 2016 a palazzo Mosti, per ospitalità temporanea presso un alloggio assegnato ad una anziana, estranea alla storia. Il motivo? L'assistenza domiciliare alla pensionata.

Un'ipotesi di falso, sempre con la stessa aggravante, riguarda Calabrese, addetto all'ufficio protocollo del Comune di Benevento, che avrebbe attestato, a detta della Dda, che l'assegnataria della casa, da qualche anno ricoverata presso una struttura di Molinara, aveva consegnato una dichiarazione di ospitalità temporanea.

E ancora: secondo gli inquirenti, Intorcia e Zampino avrebbero responsabili di aver fornito informazioni false al pm in riferimento ad alcuni incontri, quando erano stati ascoltati.

C'è poi il capitolo delle estorsioni, tutte con l'aggravante del metodo camorristico.Quattro quelle ricostruite dall'accusa: la prima, prospettata a carico di Citarella, Corrado e Arturo Sparandeo, è relativa al mancato pagamento al titolare di un'impresa edile della provincia di Napoli di un importo di 5mila euro per un intervento di ristrutturazione in una casa di via Quasimodo.

Per gli stessi tre e Siciliano l'addebito di un'estorsione della quale avrebbero fatto le spese dipendente e proprietario di una ditta di ceramica che non avrebbero incassato 6500 euro, il corrispettivo di rubinetteria e arredo bagno.Stessa sorte avrebbe subito il titolare di una ditta di vernici e colori che sarebbe stato costretto a cedere materiale per un valore di 1000 euro. Un episodio del quale sono stati chiamati a rispondere Morelli, Musco e i due Sparandeo.

Infine, De Luca e i due Sparandeo si sarebbero fatti consegnare 100 euro dal gestore di un pub. Sono impegnati nella difesa, tra gli altri, gli avvocati Antonio Leone, Gabriele Nuzzi, Luigi Giuliano e Antonio Bruno Romano.

Esp