Condanna atti osceni, Cassazione a piedi uniti sulla sentenza

Accusa annullata, nuovo processo d'appello per un 32enne per resistenza e lesioni

Benevento.  

L'accusa di atti osceni in luogo pubblico è stata cassata perchè il fatto non è previsto dalle legge come reato (è stato depenalizzato), mentre sulle altre due imputazioni – resistenza a pubblico ufficiale e lesioni – dovrà nuovamente pronunciarsi la Corte di appello. E lo dovrà fare alla luce delle motivazioni illustrate dalla Cassazione nella decisione con la quale ha accolto il ricorso degli avvocati Fabrizio e Lucio Crisci per Luca Gagliarde, 32 anni, di Benevento, che il 16 luglio del 2010 era stato condannato ad 1 anno, pena sospesa, dopo essere stato arrestato dalla Squadra mobile.

L'allora 24enne, poi tornato in libertà dopo la direttissima, era stato fermato nel pomeriggio del 14 luglio perchè ritenuto il responsabile di un episodio cominciato intorno alle 16 in via Sala, dove un agente della Mobile, nel transitare in sella ad una moto di servizio, aveva notato un'Alfa 156 in sosta. Secondo la ricostruzione operata all'epoca dagli inquirenti, la sua attenzione era stata richiamata dai movimenti del giovane a bordo, il quale sarebbe stato sorpreso mentre - secondo l'accusa – si toccava le parti intime guardando insistentemente una ragazza ferma sul marciapiede. Il poliziotto si era avvicinato alla macchina ed aveva chiesto i documenti al conducente, che per tutta risposta aveva messo in moto e si era allontanato.

Inseguita, l'Alfa era stata bloccata in via Marmorale, ma la persona al volante aveva inserito la retromarcia. Per evitare di essere investito, l'agente era stato costretto a spostarsi lateralmente, perdendo l'equilibrio e finendo sull'asfalto (verrà giudicato guaribile in dieci giorni dai medici del 'Rummo'). Raggiunto da altri poliziotti della Mobile, nel frattempo intervenuti, l'automobilista era stato infine 'stoppato' nei pressi della sua abitazione.

Una versione dei fatti del tutto diversa da quella offerta dai legali di Gagliarde, che avevano sottolineato l'estraneità del loro assistito, sostenendo che l'Alfa 156 sulla quale si trovava in compagnia di due familiari stava transitando occasionalmente lungo in via Sala, e che l'auto dell'uomo che si era toccato le parti intime guardando insistentemente una ragazza ferma sul marciapiede, era riuscita ad allontanarsi prima dell'intervento del poliziotto.

La condanna ad un anno era arrivata dopo un dibattimento nel corso del quale la difesa aveva chiesto di ascoltare alcuni testimoni. Richiesta non accolta, e altrettanto era accaduto in appello, con il no alla rinnovazione del dibattimento, per escutere quei testi e produrre le dichiarazioni di alcune persone raccolte durante le indagini difensive.

Argomenti che hanno invece incrociato il parere favorevole della Suprema Corte, convinta “della necessità di far luce sulla ricostruzione della vicenda che presenta più di un profilo di inverosimiglianza, sia riguardo alla compatibilità logica della sosta del Gagliarde in auto per porre in essere gli atti osceni in luogo pubblico rilevata dal poliziotto con la circostanza che, meno di un'ora prima il ricorrente si trovasse in un grande magazzino per fare acquisti con alcuni parenti – circostanza dimostrata con l'esibizione di uno scontrino-, sia riguardo alla mancata identificazione della donna che, secondo la versione della parte offesa, aveva assistito agli atti osceni”.

Esp