Omicidio Improta, "ergastolo a Spitaletta e 20 anni a Rotondi"

Le richieste del pm Tillo per il delitto del 26enne di Montesarchio ucciso e carbonizzato in auto

Benevento.  

L'ergastolo per uno, ritenute la continuazione e le aggravanti, e 20 anni all'altro, con attenuanti generiche equivalenti alle varie aggravanti. Sono le richieste di condanna avanzate dal pm Assunta Tillo, nel rito abbreviato dinanzi al gip Francesca Telaro, nei confronti, rispettivamente, di Paolo Spitaletta, 50 anni, di Tocco Caudio, e Pierluigi Rotondi, un 31enne originario di Tocco ma domiciliato a Tufara-, accusati in concorso dell'omicidio di Valentino Improta, 26 anni, di Montesarchio, ucciso con due fucilate e rinvenuto carbonizzato, il 4 maggio 2018, in una Fiat Punto, intestata alla madre, ferma alla località Cepino di Tocco Caudio, nelle vicinanze di un'area pic-nic sul monte Taburno.

Dopo la requisitoria della pubblica accusa, andata avanti per oltre due ore e mezza, gli interventi dei legali di parte civile – gli avvocati Federico Paolucci, Ettore Marcarelli e Angelo Santoro, per i genitori e le sorelle, e Vincenzo Sguera, per le due compagne dell'uomo- , che si sono espressi per la dichiarazione di responsabilità degli imputati.

Del tutto opposte le conclusioni dell'avvocato Elena Cosina, per Rotondi,  che ha sollecitato l'assoluzione del suo assistito e, in subordine, la derubricazione dell'accusa in quella di favoreggiamento, o il concorso anomalo. Secondo il legale, manca il movente: Rotondi, che non aveva preso parte alla rapina che fa da sfondo all'omicidio, non aveva alcuna ragione di rivalsa contro Improta. Non aveva la consapevoleza di ciò che avrebbe combinato Spitaletta, né poteva prevederlo. La sua confessione era arrivata successivamente, quando, invitato dal Pm ad un interrogatorio, aveva ammesso di essere stato minacciato dopo il delitto da Spitaletta, che gli avrebbe consigliato di farsi i fatti suoi.

 Nella prossima udienza, in programma il 29 gennaio, l'arringa dell'avvocato Antonio Leone, per Spitaletta, cui seguirà la sentenza su un omicidio che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato scatenato dalla paura che Improta avrebbe generato in Spitaletta. Il 26enne era agitato perchè aveva ricevuto un avviso di garanzia nell'inchiesta sulla rapina compiuta il 10 aprile 2018 in un'abitazione a Montesarchio, cui era seguita, dopo due settimane, la morte di un 83enne che con la sorella era rimasto vittima del colpo. Una vicenda al centro di un processo a carico di Spitaletta che si concluderà il 10 dicembre.

Improta, ritenuto uno degli autori del raid, avrebbe minacciato Spitaletta, che il 22 maggio sarebbe finito in carcere per quella rapina, di chiamarlo in correità se, nel caso in cui fosse stato arrestato, non avesse ricevuto assistenza economica per sé e la sua famiglia, anche per sostenere le spese legali per la propria difesa.

Parole che avrebbero indotto Spitaletta, nel timore che Improta potesse collaborare con la giustizia per alleggerire la sua posizione, ad organizzare, in concorso con Rotondi, l'omicidio del giovane. Facendo credere al 26enne di aver ideato un furto di rame sul Taburno, l'avrebbero attirato in trappola.

La ricostruzione dei fatti parte intorno alle 22 del 2 maggio 2018, quando Improta avrebbe raggiunto i due imputati, che erano a bordo di una Mercedes, al volante della Punto della madre, nei pressi del ristorante il Querceto di Tocco Caudio, dove si erano dati appuntamento. Una volta alla località Le Martine di Tocco Caudio, i tre si sarebbero divisi: Rotondi sarebbe rimasto lì, in macchina, mentre Spitaletta sarebbe salito nella Punto di Improta, contro il quale, una volta alla località Cepino, avrebbe fatto fuoco due volte con un fucile a canne mozze calibro 12.

Due colpi all'altezza della nuca, “esplosi da distanza ravvicinata, da destra verso sinistra”. Poi il fuoco appiccato alla macchina, ed al cadavere di Improta che era all'interno, “con l'utilizzo di un accelerante” che aveva portato la “temperatura a raggiungere il picco di 800 gradi”. A quel punto, Spitaletta avrebbe percorso a piedi, per circa 30 minuti, un sentiero che l'aveva condotto nella zona in cui c'era ad aspettarlo Rotondi, con il quale si era infine dato alla fuga.