Csm: lo spettacolo avvilente di oggi ha radici nel tempo

Lettera aperta del docente-avvocato Massimo De Pietro

csm lo spettacolo avvilente di oggi ha radici nel tempo
Benevento.  

Il Csm  le polemiche di questi giorni sono al centro della lettera aperta del docente-avvocato Massimo De Pietro."Il magistrato Palamara in chat afferma: “Salvini ha ragione, ma va attaccato”. I leghisti ed i partiti del centrodestra chiedono l’intervento del Presidente della Repubblica, nella qualità di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ed assumono la necessità che vada preservata l’indipendenza della politica dalla magistratura; i più audaci, in palese violazione della Costituzione, chiedono lo scioglimento del CSM. Il Presidente della Repubblica replica legittimamente di non poter a sua discrezione sciogliere il CSM, denuncia la commistione fra politici e magistrati ed auspica una riforma della giustizia".

De Pietro ricorda "la pubblicazione di intercettazioni e chat in cui i magistrati non parlano dei processi ma solo ed esclusivamente delle loro carriere. Un nuovo terremoto destabilizza l’ordinamento giudiziario; già a Giugno 2019, dalle intercettazioni pubblicate, il dott. Palamara, ex Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, già membro di rilievo del CSM, nonché leader della corrente centrista di Unicost, indagato a Perugia per corruzione, assumeva il ruolo di protagonista assoluto del vergognoso mercato delle cariche negli uffici giudiziari, delle promozioni e dei trasferimenti con la combriccola “Lotti, Ferri ed altri”. E’ il rigurgito di una conflittualità mai risolta tra le toghe e di una pericolosa commistione tra poteri che trova il suo habitat naturale nell’organo di autogoverno dei magistrati".

L’istituzione del Consiglio Superiore della Magistratura - aggiunge- "ebbe un iter travagliato e la sua nascita è frutto di un compromesso politico tra forze che ideavano modelli divergenti. Nell’immediato dopoguerra, con il “decreto Togliatti” (R. d. lgs 31 Maggio 1946 n.511), si tentò di conciliare la rottura della dipendenza della magistratura dall’esecutivo con la tradizionale organizzazione gerarchica dell’ordinamento giudiziario, alla quale era profondamente legata la maggioranza delle toghe. Con la costituzione repubblicana furono riconosciuti i principi di autonomia ed indipendenza della magistratura ed il ruolo del CSM quale garante dell’effettività di tali principi specie nei confronti del potere esecutivo. Seppur chiara nel riconoscere i principi di autonomia (gli artt. 104 e 101 II comma e 107 comma 3 della Cost.) e nel demandare al CSM il compito di provvedere ad ogni aspetto relativo allo status del magistrato (art. 104 e ss.), la forza innovatrice della Costituzione incontrò non poche resistenze. Proseguì la conflittualità tra i magistrati: da un lato, coloro che spingevano per la piena attuazione del dettato costituzionale, dall’altra, coloro che rivendicavano la concezione piramidale della magistratura. Solo nel 1958, a dieci dalla Costituzione, fu approvata la legge istitutiva del Csm che, nel corso degli anni, ha mostrato tutti i suoi limiti.

Il nodo politico del rapporto tra il Ministro della Giustizia ed il CSM restò irrisolto: non si riuscì a conciliare l’autonomia dell’organo di autogoverno con il principio del Ministro, organo politico, responsabile del proprio operato innanzi al Parlamento. Proliferarono decisioni “politiche” tra le correnti delle toghe (come le passate e recenti intercettazioni provano inconfutabilmente), scelte imbarazzanti di cui sono stati vittime magistrati straordinari e coraggiosi che hanno sacrificato la propria vita a tutela della legalità e dello Stato. E’ necessaria una riforma che liberi definitivamente da qualsiasi interferenza politica il Consiglio Superiore della Magistratura ed elimini o, quanto meno, riduca l’influenza delle correnti nell’associazione dei magistrati. Il Consiglio Superiore della Magistratura va definito in un ruolo di assoluta autonomia che impedisca, però, qualsiasi controllo dell’operato politico del Governo, in ossequio al principio di separazione dei poteri. Va combattuto il fenomeno del correntismo nella magistratura allentando il legame tra contesto associativo ed eletti nell’organo di autogoverno".

Secondo De Pietro, "lo spettacolo avvilente a cui assistiamo oggi è solo la punta di un iceberg che affonda le sue radici nel tempo. Non si oblii la seduta del 19.01.1988, allorquando il CSM, con 14 voti contro 10 e 5 astenuti, bocciò Giovanni Falcone alla nomina di Capo dell’ufficio istruzione di Palermo preferendogli un anziano magistrato a fine carriera, Antonino Meli, che non aveva mai svolto nella sua lunga carriera funzioni di giudice istruttore e, solo nel 1949, funzioni requirenti per nove mesi. Secondo Paolo Borsellino: “da quel giorno, Giovanni Falcone cominciò a morire”".