Benevento in A, e la città? Niente pipponi retorici, please

Una stagione perfetta, un mix straordinario

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Benevento.  

Il Benevento vola in serie A. Strameritatamente, dopo aver fatto il vuoto alle sue spalle. L'abisso di punti che lo divide da chi insegue non rende appieno la differenza esistente.

Un campionato straordinario che, al di là dei dati meramente statistici, rappresenta l'epilogo di una stagione perfetta. Nella quale la società, i dirigenti, la squadra e l'allenatore hanno lavorato insieme, comportandosi come un 'sistema'. Un insieme di componenti, ciascuna delle quali ha svolto magnificamente il proprio ruolo: la proprietà assicurando la indispensabile solidità finanziaria e una tranquillità economica sempre più merce rara, l'area tecnica assecondandone con attenzione l'ambiziosità dei progetti.

Un mix trasfuso nella scelta dei calciatori e del loro mister: parti di un ingranaggio che si è mosso senza soluzione di continuità, opportunamente lubrificato dai risultati e dalla passione dei tifosi. Questi ultimi sono chiamati, ora, ad una prova di estrema maturità: dimostrare a quanti guarderanno le immagini che si può festeggiare senza dimenticare ciò che è successo nel nostro Paese, senza sottovalutare il rischio legato all'insorgenza di possibili focolai.

Anche se so che sarà impossibile, mi piacerebbe che l'esultanza per il traguardo tagliato non fosse accompagnata dai soliti 'pipponi' carichi di retorica. Anche tre anni fa era stata inevitabilmente proposta l'equazione tra la formazione di calcio che approdava nella massima serie e la possibilità di uno sviluppo correlato della nostra città. Era il 2017.

Mentre il Benevento, retrocesso in serie B, non ha riposto nel cassetto i suoi sogni ed ha continuato a coltivarli, gettando sul tavolo da gioco le fiches giuste, e rilanciando, la città non ha fatto altrettanto. Non mi riferisco alle annuali graduatorie stilate sulla qualità della vita, alle quali non do particolare importanza. Benevento è una città stravivibile, il che non significa che non abbia problemi di più tipi.

Il guaio è che li affronta non come un 'solo uomo', come un organismo compatto e resistente a tutte le avversità, ma dividendosi. Lo fa legittimamente sul piano politico, un po' meno quando a dominare il campo sono le fazioni, i singoli grumi di potere che di volta in volta si formano attorno ai potenti di turno.

Una città che fatica maledettamente ad agire come un 'sistema', che avrebbe le potenzialità per diventare un polo attrattivo, ma che invece si accontenta dell'egoismo particolare. Esattamente l'opposto di ciò che ha dimostrato la sua squadra di calcio. Che la festa abbia inizio.