Morte Maria, "manca prova degli abusi". La Procura ad un bivio

Chiuso incidente probatorio, in aula i periti del Gip nell'inchiesta su morte bimba S. Salvatore

morte maria manca prova degli abusi la procura ad un bivio
Benevento.  

Dal momento in cui era stata trovata senza vita sono trascorsi 4 anni e 18 giorni, e la sensazione, a meno che non emergano nel frattempo novità clamorose – con l'Aeronautica sono stati valutati i tracciati del Gps dell'auto dei due fratelli rumeni -, è che lo stallo non sia stato superato.

La Procura è a un bivio: può chiedere il rinvio a giudizio (o l'archiviazione), certo, ma nella consapevolezza che neanche la perizia sembra aver aggiunto elementi di novità rispetto ad un quadro ormai consolidato. Anzi, ne ha escluso uno, particolarmente importante, che supporta dall'inizio, come movente, l'impianto accusatorio. Perchè manca la prova che Maria, la bimba di 9 anni che il 19 giugno del 2016 era stata rinvenuta morta, annegata, nella piscina di un casale a San Salvatore Telesino, abbia subito abusi sessuali.

Parola del professore Cristoforo Pomara, uno dei tre specialisti ai quali il gip Vincenzo Landolfi aveva affidato l'incarico, l'8 aprile dello scorso anno, nell'incidente probatorio sollecitato dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo. Pomara ed ai suoi colleghi Ciro Di Nunzio (con il chimico Aldo Di Nunzio) e Francesco Sessa avevano avuto il compito di eseguire una serie di accertamenti.  Un lavoro, il loro, andato avanti per nove mesi, scanditi da analisi condotte con nuove metodiche e anche dalla riesumazione della salma della piccola per una ulteriore autopsia dopo quella curata all'epoca dal professore Claudio Buccelli e dal medico legale Monica Fonzo.

Nello scorso gennaio il deposito delle conclusioni, questa mattina l'esame (ed il controesame) dei tre periti, che hanno risposto alle domande del Pm, dell'avvocato Salvatore Verrillo, difensore di Daniel Ciocan, il giovane rumeno sotto inchiesta per omicidio e violenza sessuale – per lui, come consulente, il professore Fernando Panarese, e degli avvocati Fabrizio Gallo e Serena Gasperini – con loro i professori Marina Baldi e Tatiana Mangiullo-, che assistono i genitori di Maria, parti offese, ma anche loro indagati per una ipotesi di violenza sessuale. Era stata prospettata nei loro confronti nel 2019, dopo l'archiviazione,stabilita dal gip Flavio Cusani, della posizione di Cristina Ciocan (le era stato addebitato il concorso in omicidio), sorella di Daniel.

“Siamo in questa situazione per gli errori (presunti ndr) dei primi consulenti”, sbotta al termine l'avvocato Fabrizio Gallo, che annuncia il deposito di una memoria fondata sulle argomentazioni di Baldi.

Complice il tempo trascorso e la scarsa quantità del materiale, gli sforzi dei tre periti non sono sfociati nell'estrapolazione di Dna, utilizzabili, dalle tracce di saliva, sangue e liquidi biologici rinvenute su alcuni indumenti: il jeans indossato dalla piccola la sera in cui la sua esistenza era stata spezzata per sempre; un pigiama e una canottiera della stessa che erano stati trovati nella sua casa, un pantalone di Daniel Ciocan.

Come più volte ricordato, per Daniel e la sorella erano stati chiesti gli arresti, ma il gip Cusani aveva detto no con una decisione ribadita dal Riesame e, infine, dalla Cassazione, ai quali aveva fatto ricorso la Procura. Convinta che Daniel, con l'aiuto di Cristina, abbia spinto Maria nella piscina per timore che lei rivelasse gli abusi di cui sarebbe stata vittima.

,