Lavori per distributore, chiesti sei rinvii a giudizio

Inchiesta pm Tillo e forestale su una vicenda accaduta nel 2016 a S. Angelo a Cupolo

lavori per distributore chiesti sei rinvii a giudizio
Benevento.  

 

Una è stata ammessa alla messa alla prova, le altre al rito abbreviato. Su tutte deciderà il 10 febbraio del prossimo anno il giudice Loredana Camerlengo, chiamato a pronunciarsi sulle sei persone di cui il sostituto procuratore Assunta Tillo ha chiesto il rinvio a giudizio in una indagine del Corpo forestale.

Violazioni edilizie ed in materia ambientale, falso: queste le accuse contestate, a vario titolo, a Fabio D'Arbes, 44 anni, legale rappresentante della 'Giap srl' dall'aprile del 2016 al marzo del 2017, Rosario Minardo, 71 anni, suo successore, Angelo Sortino, 63 anni, Pasquale Matarese, 54 anni, legale rappresentante della 'Zenit srl', tutti di Modica – sono difesi dagli avvocati Fabio Borrometi e Vincenzo Sguera-, Claudio Petrella (avvocato Antonio Leone), 65 anni, Agostino Iannazzone (avvocato Carmine Cavuoto), 68 anni, entrambi di Sant'Angelo a Cupolo, geometri dell'uffico tecnico del Comune. In particolare, la messa alla prova riguarda Sortino, per gli altri la scelta del rito alternativo.

Nel mirino è finita la realizzazione, nel 2016, di un impianto di trattamento delle acque meteoriche di dilavamento – Sortino è il progettista- a servizio del distributore di carburanti di proprietà della 'Giap ' a Sant'Angelo a Cupolo, alla località Bagnara Valle. Un intervento che, sostiene la Procura – sarebbe stato portato a termine in difformità dell'autorizzazione rilasciata il 13 settembre del 2016.

Attenzione puntata sul destino delle acque piovane provenienti dal piazzale dell'impianto: secondo gli inquirenti, “avrebbero dovuto essere convogliate, per mezzoo di griglie di raccolta attraverso tubazioni, al sistema di smaltimento che, attraverso un pozzetto scolmatore, avrebbe separato le acque di prima pioggia dalle restanti: le prime inviate ad una vasca di accumulo previo trattamento, le seconde convogliate, tramite una tubazione installata sempre nel pozzetto scolmatore, ad una griglia nella canaletta sul lato opposto della strada”. Ciò al fine di evitare “il recapito nei corsi d'acqua o nelle pubbliche fognatire di sabbia, terriccio, idrocarburi, residui oleosi, nonché sostanze inquinanti in genere”.

Il Pm ha ravvisato la presunta difformità delle opere “nell'inesistenza del ramo fognario, nonchè della griglia nella canaletta”, che fa sì che le acque “confluiscono tutte nella vasca a svuotamento periodico”, con dispersione sul piazzale del distributore e sulla strada comunale”. Fin qui il quadro tratteggiato dall'accusa, al quale le difese sono convinte di poter opporre le argomentazioni necessarie a dimostrare l'insussistenza degli addebiti prospettati.