Ho sentito tonfo: mi sono affacciato e ho visto in strada la testa di Annibale

Benevento. Udienza del processo a carico di un 58enne accusato di aver decapitato il fratello

ho sentito tonfo mi sono affacciato e ho visto in strada la testa di annibale
Benevento.  

Qualcuno ha affermato di averlo visto bere, qualcun altro di averlo sentito parlare da solo. Le voci dei compaesani di Benito Miarelli (ora è difeso solo dall'avvocato Nicola Covino), 58 anni, di Pannarano, in carcere dal 4 luglio 2024 con l'accusa di aver ammazzato, soffocandolo prima e decapitandolo poi mentre era a letto, il fratello Annibale, 70 anni, sono riecheggiate questa mattina nell'aula della Corte di assise.

Sono stati ascoltati – e prima di loro è toccato ai carabinieri della Compagnia di Montesarchio- come testi del pm Marilia Capitanio. Non li ho mai visti litigare, quella notte la mia attenzione è stata richiamata dal rumore di un tonfo: mi sono affacciato al balcone ed ho visto che sull'asfalto c'era la testa di un uomo, ha spiegato un giovane che abita con il padre nello stesso palazzo dei fratelli, al piano superiore.

La difesa chiede una perizia psichiatrica

Prossima udienza il 16 luglio (un'altra il 30 settembre), quando la Corte deciderà sulla richiesta di una perizia psichiatrica avanzata dalla difesa. Una consulenza psichiatrica affidata dal Pm al dottore Alfonso Tramontano ha indicato Miarelli come capace di intendere e volere al momento del fatto.-

Tutto era accaduto nella tarda serata del 3 luglio con modalità horror rispetto alle quali l'allora 57enne aveva fatto riferimento nell'immediatezza ad un ordine ricevuto da Sant'Antonio; poi aveva sostenuto di aver sentito una voce che lo aveva spinto a scagliarsi contro il povero Annibale, staccandogli con un'ascia la testa, appoggiata all'esterno della casa .

Durante l'interrogatorio dinanzi al gip Vincenzo Landolfi, aveva rivendicato la sua convinzione sul fatto che Annibale fosse posseduto dal diavolo, e che l'unica possibilità di allontanare il demonio anche da sè fosse legata al delitto di Annibale, che poco più di due anni aveva lasciato Roma, dopo la morte della moglie, ed era tornato a Pannarano. Un omicido atroce, contestato con le aggravanti della crudeltà e della stabile convivenza.