"E' la morale del gregge, il risentimento della parte civile domina dibattito"

Benevento. Secondo dialogo sulla giustizia alla libreria Ubik

e la morale del gregge il risentimento della parte civile domina dibattito
Benevento.  

Le provocazioni sono come le ciliege: una tira l'altra. Ecco perchè, se l'obiettivo era quello di scatenare il confronto su una tesi precostituita, il secondo dei Dialoghi sulla giustizia alla libreria Ubik ideati dall'avvocato Matteo De Longis, dedicato al ' “Dell’accusare, ovvero, della cacciata delle Erinni dai tribunali”, è stato pienamente raggiunto.

Si è discusso del rapporto tra l'accusa pubblica e quella privata. A lanciare il guanto della sfida è stato lo stesso De Longis, secondo il quale “quando un istituto, quello della parte civile, è pensato a scopo di lucro, si crea un corto circuito perchè nel processo entrano emozioni e sentimenti: primo fra tutti il risentimento della vittima”. E allora, si è chiesto, “non sarebbe il caso di ricacciare le Erinni, le furie della notte, dai Tribunali? Atena aveva sottratto la giustizia alla vendetta, le Erinni sono quelle che oggi definiamo parti civili”.

Il sostituto procuratore Flavia Felaco ha definito “positiva l'esperienza maturata rispetto alla parte civile, un istituto utile non solo alla pretesa privata del risarcimento, una delle forme per ripristinare l'ordine giuridico violato da un reato, ma anche per l'economizzazione degl strumenti”. Il magistrato non ha però nascosto il “rischio di utilizzare in maniera disfunzionale l'istituto quando la parte offesa è moto arrabbiata, quando la sua rabbia si gonfia, si amplifica e si istituzionalizza. Quando la sofferenza si scaglia nel processo e al di fuori dello stesso, con l'interessamento degli organi di informazione”. E allora, ha concluso, perchè “non aboliamo la parte civile nel processo, nell'ottica di trasformare le Erinni in Eumenidi, le dee che garantivano la giustizia, con la giustizia riparativa per riequilibrare e pacificare?”.

Un interrogativo al quale ha immediatamente replicato l'avvocato Ettore Marcarelli: “Le Eumenidi non potranno mai entrare nel processo per la deriva culturale odierna, perchè il processo è il mezzo attraverso il quale si consuma la vendetta sociale”. Numerosi i rimandi letterari e filosofici del legale, che ha definito il processo “un caleidoscopio particolare che deve essere avulso” da ogni implicazione legata alle emozioni, nel quale il “difensore è indicato come il male rispetto alla parte offesa, alla persona protetta da un cencio nero che rappresenta il bene. Meglio un colpevole libero che un innocente in galera”.

Natale Cotispoto si è occupato di alcune letture, De Longis, citando più volte Nietzsche, è tornato all'attacco: “Sulla base di cosa ci arroghiamo il diritto di dire ciò che è giusto e sbagliato? Perchè non è consentito ipotizzare la corresponsabilità della vitima in un femminicidio? Se dicessi queste cose in aula mi caccerebbero all'istante, perchè la morale è quella del gregge, ed il risentimento espresso dalla parte civile domina il dibattito pubblico”.

Concetti che hanno suscitato la reazione del docente di filosofia – scrittore Nicola Sguera: “Nietzsche è il vincitore filosofico, è penetrato ovunque, anche in chi non lo sa. Nella nostra epoca domina la volontà di potenza, ma io dissento radicalmente dalla tesi di Matteo”. Punto di partenza della riflessione, l'immagine della giustizia bendata. “Per Nietzsche l'ingiustizia è una condizione vitale, il leone ammazza gli altri animali perchè è il più forte. Ma la volontà di potenza - il professore Amerigo Ciervo, in chiusura, la bollerà come “di carta”, “non può essere – ha proseguito Sguera – l'elemento fondante di una società, del diritto. E pensarlo è una follia. Senza l'universalità della legge, non ci può essere giustizia”.