Benevento, doveva essere... e non è stato

Per la promozione in serie A la finale che non t'aspetti tra due formazioni agli antipodi

Benevento.  

Doveva essere Benevento-Pescara, sarà invece Verona-Cittadella. Perchè nel calcio non c'è mai nulla di scontato e a stravolgere i pronostici basta davvero poco. I bookmaker davano per favoriti Benevento e Pascara, non con quote esagerate, ma comunque piuttosto nette. Soprattutto nelle gare del ritorno. Una vittoria dei giallorossi era pagata a 2 (non poco...), una del Cittadella a 3.75. Così anche per la gara dell'Adriatico: vittoria del Pescara a 2.2, quella del Verona a 3.3. Distanze non certo abissali, ma che facevano intendere le preferenze dei cosiddetti “quotisti” per una finale tra sanniti e abruzzesi. Invece si è capovolto tutto. La finale sarà tutta veneta ed è il trionfo di un calcio strano e che pone di fronte poli opposti: da una parte la parsimonia di una società che deve fare i conti con una realtà di 20mila abitanti, che fa salti mortali per trasformare buoni giocatori di serie C in top player di B, che punta molto su un calcio fisico e su un gioco muscolare come è tipico della serie cadetta. Dall'altra una delle favorite alla vittoria finale, titolare di un parco giocatori da serie superiore, ma che ha capito di stare in B solo all'ultimo istante. Il tecnico “last minute” si chiama Alfredo Aglietti, un curriculum modesto tra esoneri e squadre prese in corsa (Empoli, Novara, Entella, Ascoli), ma straordinariamente pragmatico. Del resto fare peggio di Grosso appariva davvero difficile e così l'ex centravanti del Napoli si ritrova ad un passo dalla promozione dopo aver diretto l'Hellas in due partite di campionato (una debacle a Cittadella, 3-0, e una vittoria sul Foggia, 2-1) e tre gare nei play off (un successo ai supplementari col Perugia, 4-1, un pari casalingo col Pescara, 0-0, e, appunto, la vittoria di ieri sera all'Adriatico). Parlare di programmazione qui è davvero difficile. 

Per due venete che coltivano il sogno di arrivare a sfidare Cristiano Ronaldo, altre due squadre si leccano ancora le ferite. Pillon non ci ha messo molto a decidere il suo futuro: “E' la più grande delusione della mia carriera, la mia avventura termina qua”. Il tecnico trevigiano ha fritto il pesce con l'acqua in questa stagione, facendo a meno a gennaio di un giocatore come Machin (passato al Parma), e provando anche ad affidarsi nel finale a forze freschissime, come Sottil e Bettella (Capone lo aveva “prestato” all'Under 20). Nella finale di ritorno si è difeso molto, forse troppo: a venti dalla fine ha messo Campagnaro in mezzo alla retroguardia, passando ad una linea a 5. Troppo rinunciatario, prima o poi quei due bucanieri di Pazzini e Di Carmine qualcosa avrebbero inventato. E così è stato.

Strano destino quello di Pillon e Bucchi: il primo eliminato per troppa prudenza, il secondo per troppa spregiudicatezza. E' la prova che non esistono formule magiche e vincenti, non c'è la tattica perfetta. Ma solo il modo migliore di giocare una gara in base alle esigenze, anche arrivando ad alterare in parte le proprie caratteristiche. Verrebbe di dire che il Pescara avrebbe dovuto giocare come ha fatto il Benevento, e viceversa. Ma non ci sono le controprove, dunque non sapremo mai se sarebbe stata la scelta giusta. C'è solo il risultato del campo, che premia la squadra che ha sempre “incarnato lo spirito della serie B” (citazione di Cristian Bucchi) e quella che, ricca di talento e di cifra tecnica, ha capito, sia pure con un po' di ritardo, come si gioca nella serie cadetta. Forse il segreto di tutto è proprio lì.