«Spinello, spumante, poi la roulette russa.Così Marco è morto»

La confessione choc dell'amico di Marco Mongillo. Antonio Zampella: ero convinta fosse scarica

Caserta.  

Un gioco finito male. Un gioco mortale e finito nella tragedia peggiore di tutte. Un amico che uccide un amico per divertimento. Stavano guardando quella pistola comprata dagli immigrati a Castelvolturno in quella periferia in cui vedi solo ragazzi grossi girare su motorini con capelli all'ultima modo e tatuaggi ovunque. Marco, pizzaiolo di professione e una vita davanti, è stato ucciso per sbaglio, per gioco, per spavalderia. Imitazione dei protagonisti forse di Gomorra in cui si cresce a colpi di sfida e a pane e violenza. Ma il movente dell'omicidio è tutto da ricercare nel vuoto di una normalità solo apparente. Un pomeriggio come tanti assolato e noioso finito nel sangue. «Abbiamo fumato uno spinello dopo pranzo. Dopo lo spumante, ho deciso di far vedere a Marco la pistola che avevo comprato a Castelvolturno. Ho impugnato l'arma e più volte, ridendo, l'ho messa sul tavolo per gioco. Infine ho premuto il grilletto appoggiando la pistola sulla mia tempia. Per ben due volte il colpo non è uscito. Ero convinto che l'arma fosse scarica. Ho dato una pacca sulla spalla a Marco dicendo di stare tranquillo, tanto non sarebbe accaduto nulla. Poi l'ho messa sulla sua fronte, così, ed è uscito il proiettile. Ho visto il sangue. E non ricordo più nulla. So soltanto che non volevo finisse così». Eppure la confessione messa a verbale di Antonio Zampella non trova pieno riscontro con quanto rilevato dagli investigatori nel corso dei rilievi. 

L'omicidio di Marco è un punto oscuro, un buco nero dal quale riemergono, a tratti, pochi elementi. Per ora, l'unico testimone del delitto è il suo assassino, arrestato dopo essersi costituito ai carabinieri. 

Siep